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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 22 giugno 1966

 

L'eccelsa missione della Chiesa «Lumen gentium»

Diletti Figli e Figlie!

Noi andiamo cercando, in questi brevi colloqui settimanali, di capire qualche cosa della grande e profonda dottrina, che il recente Concilio ecumenico ha proclamato circa la santa Chiesa, e che impegnerà per l’avvenire lo studio, la preghiera, l’attività della Chiesa stessa. Ci contentiamo, in questa sede, di citare i nomi, i titoli, le immagini, con cui la Chiesa è chiamata; e a Noi pare che ogni espressione nominale, riferita dalla sacra Scrittura e dal Concilio alla Chiesa, sia quasi un lampo di luce, una rivelazione; un’apertura verso qualche migliore intelligenza della grande verità, anzi della grande realtà, che è questa nostra santa e benedetta Chiesa di Dio. «Come il Signore, dice S. Giovanni Crisostomo, così anche la Chiesa è chiamata con molti nomi» (Hom. de capto Eutropio, PG. latine 28, 402).

Volete voi quest’oggi fermare, un istante, la vostra attenzione sopra un titolo stupendo, luminoso, ma abbagliante per la sua stessa luce, che il Concilio ha attribuito alla Chiesa? e il titolo è questo: lume delle genti; cioè faro delle nazioni, luce dei popoli. È con questa espressione «lumen gentium» che si apre, e perciò s’intitola, la Costituzione dogmatica del Concilio Ecumenico Vaticano secondo sulla Chiesa, il documento certamente più importante, che il Concilio medesimo abbia promulgato. La Chiesa è chiamata il lume delle genti.

Donde viene questo nome? È stato Papa Giovanni XXIII, di venerata memoria, ad applicarlo alla Chiesa, proprio per il fatto ch’essa era da lui convocata al Concilio. Nel radiomessaggio, che quel Nostro amato Predecessore lanciò al mondo un mese prima dell’apertura del Concilio, il giorno 11 settembre 1962, Egli applicò alla Chiesa l’acclamazione, che la liturgia del Sabato santo rivolge al cero riacceso, simbolo di Cristo risorto, donde viene conforto di chiarezza e di speranza alla comunità dei fedeli. avvolta nell’oscurità della notte. Disse allora Papa Giovanni XXIII: «Ci torna qui opportuno e felice un richiamo al simbolismo del cero pasquale. Ad un tocco della liturgia, ecco risuona il suo nome: Lumen Christi. La Chiesa di Gesù da tutti i punti della terra risponde: Deo gratias, Deo gratias, come dire: sì; lumen Christi; lumen Ecclesiae; lumen gentium» (Discorsi 1962, p. 521, 527).

Questa sola espressione della luce, riferita alla rivelazione di Dio, al popolo eletto, poi al Verbo incarnato, cioè a Cristo, in relazione alla salvezza del mondo, meriterebbe uno studio senza fine (cfr. Is. 42, 6, 49, 6; 60, 1; Act. 13, 47; Io. 1, 5; etc.). Ciò che a noi interessa è il duplice passaggio della luce del mondo, ch’è Cristo, dapprima alla Chiesa, poi dalla Chiesa al mondo. Tutti ricordiamo le sublimi parole di Gesù: «Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà lume di vita» (Io. 8, 12); ripetute poi: «Mentre sono nel mondo, Io sono la luce del mondo» (Io. 9, 5); «Io sono venuto luce al mondo affinché chiunque crede in me, non resti nelle tenebre» (Io. 12, 46).

Dunque: Cristo è la sorgente della luce; è la luce.

Ma come giunge a noi questa luce?

Il Signore ha voluto stabilire un sistema, disporre un ordine, per cui la sua luce giungesse a noi mediante un servizio umano, mediante un riflesso qualificato e autorizzato, e cioè mediante il magistero e il ministero apostolico. Egli infatti disse agli Apostoli: «Voi siete la luce del mondo» (Matth. 5, 14); e mediante una trasparenza interiore di Cristo stesso, emanante dall’intero corpo mistico e visibile della Chiesa, quasi ch’essa fosse l’ostensorio di Cristo; così che è essa stessa chiamata «sacramento», segno sacro cioè e tramite dell’unione di Dio con l’umanità (cfr. Cost. Lumen Gentium, 1).

«Chi ascolta voi, disse Gesù riferendosi ai discepoli elevati a funzioni gerarchiche, ascolta me; e chi disprezza voi, disprezza me» (Luc. 10, 16). Praticamente perciò noi non potremo arrivare a Cristo, se non cercandolo e trovandolo nella sua Chiesa. Ricordiamo ancora la famosa esortazione di S. Giovanni Crisostomo: «Non ti allontanare dalla Chiesa! Nulla è più forte di essa! La tua speranza è la Chiesa, il tuo rifugio è la Chiesa. Essa è più alta del cielo e più vasta della terra. Essa non invecchia mai, ma sempre vigoreggia» (ib.). Un altro grande dottore orientale, Origene, fin dalla prima metà del terzo secolo, commentando la Genesi, diceva: «Se vogliamo essere noi pure come il cielo, avremo in noi i luminari che ci possono illuminare: Cristo e la sua Chiesa. Egli infatti è la luce del mondo, che illumina pure la Chiesa con la sua luce; . . . e la Chiesa, preso il lume di Cristo, illumina tutti quelli che si trovano nella notte dell’ignoranza (In Gen. Hom. 1, 5; P. G. 12, 150).

Da ciò quest’altro fatto: la Chiesa riverbera la luce di Cristo sul mondo. Dice il, Concilio che il volto della Chiesa è così luminoso, che il mondo ne è rischiarato (Const. Lumen Gentium 1). Come avviene questo fatto? Avviene mediante l’annuncio del Vangelo, si sa. Ma avviene anche in un altro modo, con l’irradiazione esteriore di certi caratteri, di certe note, che derivano da proprietà essenziali e intrinseche della Chiesa, e che ne manifestano, agli occhi del mondo, l’autenticità. Sono le famose quattro note caratteristiche ed esclusive della Chiesa; voi le conoscete: l’apostolicità, l’unità, la cattolicità e la santità. Nel «Credo» sono proclamate come distintive della fisionomia della vera Chiesa. Essa porta in sé e diffonde d’intorno a sé l’apologia di se stessa. Chi la guarda, chi la studia con occhio amoroso della verità, deve riconoscere che essa, indipendentemente dagli uomini, che la compongono, e dai modi pratici, con cui si presenta, reca con sé un messaggio di luce universale ed unico, liberatore e necessario, divino. È la faticosa e vittoriosa scoperta, per citare un esempio grande e tipico, del Newman (cfr. Denz. Schoenm., 2888).

Con questa avvertenza, Figli carissimi, che a ciascuno di noi (fedeli) è dato potere e dovere di mettere in risalto quelle note, che formano la bellezza e l’attrattiva della Chiesa, mostrando con la nostra adesione e con la nostra testimonianza come davvero la Chiesa di Cristo sia una, sia santa, sia cattolica, sia apostolica. A ricevere e a diffondere questo «Lume delle Genti» vi esorti e vi abiliti la Nostra Benedizione Apostolica.


Il seguente saluto in lingua latina l’Augusto Pontefice dirige a un Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Lubiana:

Salutem ex animo dicimus Slovenicis peregrinis ex archidioecesi Labacensi, qui, ductore Canonico Iosepho Kvas, Romam petierunt Sancti Petri sepulcrum veneraturi, iidemque Nos, obsequii causa filiorumque more, invisere voluerunt.

Vos igitur, dilecti filii, quos libentissime praesentes conspicimus, paterna benevolentia et caritate excipimus, vobisque flagrantissima proferimus vota, ut ex hoc catholicae religionis fastigio novas hauriatis vires ad virtutis semitam securo gressu et impensiore usque studio terendam.

Affluentia denique caelestis gratiae auxilia precantes, «ut ambuletis digne Deo per omnia placentes, in omni opere bono fructificantes et crescentes in scientia Dei . . .» (Col. 1, 10) vobis omnibus atque cunctis propinquis vestris, domi reditum vestrum expectantibus, Apostolicam Benedictionem peramanter impertimus.

Il sacro ministero per i lavoratori

Il numeroso gruppo di sacerdoti, che partecipano alla III Settimana di studio sulla Pastorale nel mondo del lavoro, merita che Ci fermiamo un istante, per esprimere loro il Nostro saluto e il Nostro augurio particolare. Vi accogliamo con paterna benevolenza, diletti figli: perché siete sacerdoti, e, come tali, secondo le parole del Decreto Conciliare sul Ministero e la vita sacerdotale, «promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al Suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo» (n. 1); ma a questo titolo di predilezione del Nostro cuore voi aggiungete quello dell’apostolato, che siete chiamati a svolgere: apostolato difficile, arduo, delicato: che suppone completa formazione intellettuale e spirituale, forza e amabilità di carattere, doti naturali non comuni, svolgendosi tra i lavoratori delle industrie e delle fabbriche. Che voi vogliate adempiere sempre meglio, con rigorosa «qualificazione» spirituale e apostolica questo vostro compito, Ce lo dice la vostra numerosa partecipazione alla III Settimana di Studio pastorale, promossa dall’ONARMO sotto il provvido patronato della Conferenza Episcopale Italiana.

Avete dedicato le vostre giornate di studio ad un tema quanto mai stimolante e ricco di interessi e di sviluppi: «La catechesi del Cappellano nella comunità di lavoro». Esso scolpisce efficacemente la vostra missione, e definisce, anzi, l’unica ragion d’essere della vostra presenza nel mondo del lavoro: di fatto, principalmente per questo la Chiesa manda i suoi sacerdoti, ben preparati, affinché siano «sale della terra, luce del mondo» attraverso la loro parola, che deve rispecchiare fedelmente l’insegnamento di Cristo; lo stesso esempio e il contatto quotidiano diventano catechesi, convalidando con la forza della testimonianza vissuta la verità insegnata e predicata.

Non abbiamo purtroppo tempo di soffermarci, come pur avremmo voluto, su un tema tanto importante: avremmo potuto con voi vedere come possiate oggi presentare con nuovo vigore l’intatto messaggio evangelico, per far capire anche ai lontani come solo in esso ci sia il segreto della verità, della completezza, della totalità, vi si trovi la risposta a tutti gli interrogativi, e l’esaudimento di tutte le attese, che si agitano nel cuore dell’uomo; avremmo voluto con voi esaminare le forme, che questa catechesi deve rivestire, gli strumenti, di cui si può servire, le occasioni, che può cogliere per presentare il Verbo, opportune, importune (cfr. 2 Tim. 4, 2). Ma ci sono tutti gli atti del Concilio Ecumenico a indicarvi su quale direzione, con quale metodo agire; c’è la Nostra Enciclica Ecclesiam Suam, colla quale abbiamo voluto andare in cerca dei punti di contatto, che le varie situazioni del mondo contemporaneo, come altrettanti cerchi concentrici, offrono al colloquio della Chiesa col mondo.

Noi sappiamo che avete fatto tesoro di tali indicazioni in questa opportuna Settimana di studio, e che cercate di orientare su di esse il vostro lavoro. Ve ne siamo grati, e vi auguriamo di raccogliere frutti sempre più consolanti dal vostro generoso ministero sacerdotale. Vi segue il Nostro affetto profondo, vi conforta la Nostra preghiera, vi incoraggia l’Apostolica Benedizione, che a tutti impartiamo di gran cuore, unitamente all’Assistente Centrale e ai benemeriti Dirigenti nazionali e regionali dell’ONARMO.

                                                             



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