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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 10 dicembre 1975

 

Noi pensiamo ancora alle conclusioni spirituali dell’Anno Santo; cioè vogliamo vedere quali novità, quali modifiche, quali aperture (come oggi si dice) deve comportare questo profondo, energico, salutare cambiamento, o meglio: rinnovamento, ch’è stata la celebrazione giubilare del 1975. Finito l’Anno Santo, sarà tutto come ‘prima nella vita consueta di chi si chiama cristiano e che ha partecipato sinceramente a questo momento di alta e intensa spiritualità? Non rimarrà nulla di una così originale e impegnativa esperienza? Noi abbiamo già accennato, in un’altra precedente Udienza, alla necessità che la fede abbia negli animi un posto di più rilevante e più operante influsso. La grande parola di S. Paolo: « il giusto vive di fede » (Rom. 1, 17) non può più essere dimenticata, anche in questa veniente generazione, se l’Anno Santo ha significato qualche cosa nella nostra storia contemporanea. La fede, più lucida, più logica, più amata, sta bene; non v’è altro che l’Anno Santo del rinnovamento e della riconciliazione consegna alla Chiesa e alla società, in cui essa convive, per il tempo che viene?

V’è un’altra conseguenza, un’altra consegna, un altro « ricordo » dell’Anno Santo per il pellegrinaggio nel tempo prossimo venturo del Popolo di Dio. Ci si presenta alla fantasia un paragone banale; ma lo esponiamo, perché forse può essere facilmente ricordato; ed è questo: noi siamo come viaggiatori in partenza, finito l’Anno Santo; un cammino lungo e scabroso ci attende; non abbiamo altro da mettere nella nostra valigia, per viatico durante il prossimo itinerario? Sì, Fratelli e Fedeli; noi dobbiamo fare una provvista di speranza, se vogliamo che i nostri passi possano procedere diretti e vigorosi nella marcia faticosa, che ci attende.

Sì, speranza. Se questa virtù non ci sostiene, non è certa la nostra perseveranza; potremmo smarrirci per via; ed è così facile, oggi purtroppo. È facile rinunciare agli ideali della vita cristiana, primo, perché sono difficili e lontani; secondo, perché la psicologia dell’uomo moderno è rivolta al conseguimento, anzi al godimento di beni facili e immediati, di beni esteriori e sensibili, più che a quelli interiori e morali. L’edonismo, che sembra avere il sopravvento nella guida di tanta gente del nostro tempo, è di per sé nemico della virtù, che pone il suo oggetto in beni ardui, futuri e di problematico possesso; esso preferisce l’oggi al domani, il piacevole al difficile, il proprio vantaggio all’altrui. E terzo, perché l’opportunismo è di moda. Tante volte anche negli intellettuali, anche nei fedeli, che facilmente, per tante così dette « buone ragioni », tali in realtà non sono. Il successo vicino e proprio prende il posto dell’ideale obbligato a dure resistenze e ad antipatiche posizioni. All’entusiasmo della resistenza, del coraggio, del sacrificio, subentra il calcolo dell’utilità, l’accettazione della moda, la fiducia nella maggioranza, la noia di sostenere la parte d’una propria precisa, forte e incomoda personalità; posizioni psicologiche, ed altre simili, che non sanno vivere la speranza. Tanto più, quarta ragione, che il cielo della vera speranza, quella che trascende il confine del tempo, quella religiosa, la nostra specialmente, è totalmente oscurato: non v’è più campo per una speranza, che oltrepassi i limiti del mondo sperimentale attuali; il carpe diem, non ti lasciare sfuggire il momento che passa e la realtà oggi godibile è il grande principio, l’unico precetto, la verità della nostra esistenza, perché, dice questa comune e atroce concezione della vita, altro non c’è! È il materialismo, che degrada la vita al livello animale senza trascendenti speranze; è l’agnosticismo, pago della sua miopia e dei suoi irresolubili dubbi. Speranza può significare molte cose; da quella di chi punta al gioco del lotto, a quella dello studioso che con ascetismo austero si dedica alla ricerca scientifica; eccetera.

Noi, parlando di quella speranza, che riteniamo necessaria per l’aspro cammino della vera nostra vita cristiana, pensiamo alla Weltanschauwzg, alla concezione generale degli umani destini, alla maniera elementare e sapiente del semplice cristiano, il quale, ben sapendo d’aver conseguito la grande fortuna d’essere discepolo del Vangelo, d’essere membro della Chiesa, d’essere fin d’ora inserito mediante la grazia dello Spirito Santo in un grande piano di salvezza, è convinto che una promessa non illusoria (spes non confundit - Rom. 5, 5 -), avvolge tutta la sua sorte. Nella visione realistica della fede, base della speranza (Hebr. 1, 1), tutto un universo circonda il fedele, pellegrino sulla terra e nel tempo, dove la luce, la provvidenza, la bontà di Dio dispiega tesori inestimabili, in parte già fin d’ora concessi e goduti, in parte, la parte maggiore, promessi a chi se ne rende degno, per grazia sempre divina, e li sa attendere, desiderare e sperare. Alle speranze brevi, incerte e ingannevoli, di chi pensa di costruire un umanesimo pagano e materialista, si sovrappongono, senza distruggere quelle presenti ed umane, le speranze infallibili ed incomparabili del cosmo cristiano, dove la morte stessa, l’ultima e terribile nemica creduta invincibile (Cfr. 1 Cor. 15, 26) cede alla Vita vittoriosa di Cristo, a noi solennemente promessa (Cfr. Lumen Gentium, 48).

Di questa speranza, che si iscrive sopra la sofferenza umana, sopra la fame e la sete di giustizia (Matth. 5, 6), sopra le nostre tombe, il mondo ha bisogno; noi ne dobbiamo vivere.

L’Anno Santo deve avere riacceso nelle anime questa lampada della speranza cristiana. Portiamola sempre con noi. Con la nostra Benedizione Apostolica.

 


Saluti

Ai Dirigenti regionali e provinciali dell’Unione Italiana Camere di Commercio dell’Industria, dell’Agricoltura e dell’Artigianato

Un particolare salutoo va ai circa cinquecento Dirigenti regionali e provinciali dell’Unione Italiana Camere di Commercio dell’Industria, dell’Agricoltura e dell’Artigianato, i quali hanno celebrato ieri, col loro Presidente Nazionale, il loro Giubileo e sono ora venuti a questa Udienza. La vostra testimonianza di fede - perché tale è, e tale la consideriamo - ci procura grande soddisfazione : è un segno pubblico delle vostre convinzioni cristiane, e una conferma delle disposizioni con cui volete esercitare la vostra professione. Il Concilio Vaticano II, di cui abbiamo testé ricordato il decimo anniversario, ha appunto chiamato i laici « a cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio » esortandoli « a contribuire quasi dall’interno e a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio » (Lumen Gentium, 31); e l’Anno Santo è stato un solenne invito a riconsiderare le responsabilità e le consegne del proprio essere cristiani, per viverle in un rinnovato spirito di dedizione a Dio e ai fratelli. Noi siamo certi che queste grandi lezioni vi trovano non insensibili, anzi generosamente disposti a dare una collaborazione personale e concreta a impegni tanto vitali; e auguriamo che la vostra vita individuale, familiare, professionale sia sempre guidata da questi nobili ideali. La Chiesa lo aspetta; la società ne ha bisogno! Sappiate perciò portare, tutti e ciascuno, il vostro contributo personale. Con cuore di padre vi accompagniamo con la nostra Benedizione.

Gruppi di studenti provenienti da varie parti d’Italia

E’ una stupenda fioritura di giovinezza quella che si dispiega oggi al nostro sguardo in quest’Aula delle Udienze, e che, con la sua sola presenza, riempie di gaudio e di speranza il nostro cuore.

Vi salutiamo tutti: voi, novemila studenti di varie città italiane, tra cui è doveroso menzionare i quattromila allievi delle numerose scuole superiori della diocesi di Aversa; e voi, giovani alunni del Collegio di Pubblica Sicurezza di Fermo, figli o orfani di generosi tutori della civile convivenza. E con voi salutiamo il gruppo folcloristico del coro abruzzese di Ortona, che con i suoi costumi caratteristici e col suo canto porta un tono nobilmente popolare a questo incontro.

Giovani carissimi! Che cosa vi ha qui chiamati? La celebrazione dell’Anno Santo, ci potete rispondere con una sola voce. E che cos’è per voi l’Anno Santo? Una cerimonia? Una gita turistica? Una visita culturale di Roma? No, no, ci rispondereste anche qui all’unisono. È qualcosa di più, vero? Di molto di più; di più diverso, di più profondo, di più nuovo: diremo, di più giovane! La celebrazione del Giubileo è un rinnovarsi fin nelle radici del nostro essere profondo, che solo Dio conosce e che forse nemmeno noi stessi riusciamo a capire: pensiamo alla vita di un giovane, con i suoi problemi, i suoi perché, il suo entusiasmo, i suoi slanci, le sue depressioni, le sue crisi. Chi conosce il cuore umano? Dio, sì. Soltanto Lui. E allora, voi siete venuti per mettere il vostro cuore nella luce trasparente di Dio: per permearlo della grazia sua, che ci trasforma nell’intimo perché è comunicazione della sua stessa vita, e ci rende - udite che grande cosa ! - addirittura « partecipi della natura divina »: divinae consortes naturae! (2 Petr. 1, 4) È questo un latino facile e grande, che vorremmo portaste scolpito nel vostro cuore a ricordo di questo pellegrinaggio giubilare.

E allora, se tale e così alta è la dignità dell’uomo, dobbiamo far sì che essa risplenda sempre davanti ai nostri occhi e a quelli degli altri; dobbiamo far sì che essa non si attenui, non si offuschi, o, Dio non voglia, non si deturpi per opera del peccato, elemento di disgregazione e di bruttura nell’armoniosa bellezza del nostro essere di persone, create a immagine di Dio e redente da Cristo, nostro fratello. Per questo l’Anno Santo è e dev’essere anche per voi un incontro di grazia: per riconciliarvi con Dio, qualora l’aveste offeso con qualche colpa, perdendo l’amicizia con Lui; per rinnovarvi nel profondo, in modo da portare allo scoperto tutte le ricchezze interiori, alimentate dalla grazia, che portate in voi, talora sconosciute a voi stessi: amore a Dio, bontà, generosità, solidarietà con chi soffre, limpidità e purezza, letizia, dirittura, forza d’animo, sacrificio, senso del dovere.

Tutti il Signore vi aspetta a questo traguardo: e sappiate proseguire, nella vostra vita di studenti, di figli, di futuri cittadini, con l’impegno che, qui a Roma, presso il sepolcro di Pietro, presso le memorie dei martiri, avete riscoperto, avete rinnovato.

Noi tutti vi seguiamo con grandissima simpatia, con immensa speranza : l’avvenire della Chiesa e del mondo sta nelle vostre mani. Preparatevi a missione così alta ! Non degradatevi mai a compromessi vili con la mentalità corrente del mondo, spesso turpe e vergognosa! Custodite alto e immacolato l’ideale che vi arde nel cuore! Siate sempre di esempio di bontà e di altruismo: a questo proposito, a nome di tutti, ci congratuliamo qui col giovane alunno di III media di una scuola di Bari, vincitore del premio « L’Alunno più buono d’Italia » per la cura quotidiana ch’egli dedica a un coetaneo spastico.

Giovani carissimi! In un grande abbraccio tutti vi benediciamo, insieme con i vostri Vescovi, qui presenti, con i vostri genitori, professori e superiori tutti. Il Signore vi accompagni sempre con la sua grazia!

 



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