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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 4 agosto 1976

 

L'autorità della Chiesa: una potestà derivata da Cristo

In queste semplici conversazioni delle nostre Udienze generali noi seguiamo da qualche tempo un’idea fissa: costruire la Chiesa. Essa ci si presenta fondamentale per due ragioni: prima quella del disegno stesso dell’opera di Cristo nel mondo e nella storia: Egli medesimo la enunciò come suo programma, relativo all’umanità che Egli è venuto sulla terra a salvare, ad illuminare, ad associare alla vita stessa di Dio (Cfr. Lumen Gentium, 1; 2 Petr. 1, 4), dicendo: «Io costruirò la mia Chiesa» (Matth. 16, 18), e facendo di questa Chiesa terrena ed umana lo strumento, il veicolo, la mediazione dei suoi doni divini. Ragione costituzionale questa e permanente. E seconda ragione, contingente, ma urgente, e dalla prima derivante, quella delle condizioni spirituali, morali, sociali e storiche, proprie del nostro tempo. Il nostro tempo ha bisogno di riprendere la costruzione della Chiesa, quasi, psicologicamente e pastoralmente, come se cominciasse di nuovo, da capo per così dire, a rigenerarsi mediante questo ordinamento umano-divino, questo regno di Dio, annunciato da Cristo e da Lui iniziato per la salvezza del mondo, la Chiesa.

Costruire la Chiesa, cioè la società dei credenti, uniti dalla medesima fede, formanti un medesimo corpo sociale e spirituale, animato dallo Spirito Santo, presieduto da Cristo stesso, capo divino della Chiesa, e governato in questo mondo da un’autorità delegata, visibile, umana, gerarchica, che attinge la sua potestà, per derivazione dagli Apostoli, non dalla base, cioè dai fedeli, e tanto meno dal potere terreno, o da una spontanea autodesignazione; deriva cioè da Cristo, che dichiarò ai suoi stessi apostoli: «Non voi avete eletto me, ma Io ho eletto voi...» (Io. 15, 16; cfr. 6, 70; 15, 19). E questa intenzione del Signore di organizzare i suoi seguaci mediante l’opera, cioè il ministero, di alcuni discepoli prescelti e investiti da uno speciale mandato, traspare da tutto il Vangelo, con il conferimento di particolari prerogative e doveri, di speciali potestà divinamente delegate, e di una specifica missione di istruire, di santificare e di governare il Popolo di Dio. Abbiamo tutti stampato nella memoria e nel cuore, noi ne siamo sicuri, alcune espressioni tipiche del Vangelo, le quali ci assicurano circa il disegno di Cristo di dare strutture precise ed operanti per la consistenza e per l’efficienza del suo Corpo mistico, la Chiesa. Ne citiamo in fretta alcune, ad esempio; come: «Chi ascolta voi (cioè gli Apostoli), ascolta Me (cioè Cristo); chi disprezza voi, disprezza Me. E chi disprezza Me, disprezza Colui che mi ha mandato (cioè Dio, il Padre celeste)» (Luc. 10, 16). Ancora: «In verità vi dico: tutto quello che voi legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo, e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo» (Matth. 18, 18 et 16, 19) (ricordiamo il potere famoso delle chiavi dato a Pietro). E Gesù risorto si congeda dai suoi discepoli con le solenni parole: «Mi è stato dato ogni potere in cielo ed in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni...» (Ibid. 28, 18-19).

Chiaro, chiarissimo è il carattere potestativo degli Apostoli subito dopo la Pentecoste, non solo nell’esercizio profetico e carismatico, ma anche in quello pedagogico e severo di rimprovero e di punizione. Chi non ricorda il tremendo episodio di Anania e Saffira? (Act. 5, 1 ss.) E come sarebbe interessante studiare in S. Paolo la coscienza ch’egli ha della sua potestà di governo, sia in senso affettuoso e positivo con impareggiabile dedizione (Cfr. 2 Cor. 12, 15; Act. 20; 20, 24. 35; Gal. 4, 19; etc.); sia in senso normativo (Cfr. Gal. 1, 8; 1 Cor. 16, 22); e sia in senso punitivo (1 Cor. 4, 21; 5, 3 ss.).

La Chiesa di Cristo non è senza una struttura gerarchica, senza un’organizzazione sua propria con finalità di ordine (1 Cor. 14, 40) e d’obbedienza (2 Cor. 10, 5-6). Essa è governata da ministri aventi potestà proveniente da Cristo e da Dio; non, come si dice, dalla base, anche se emana da ordinamenti divini eseguiti da qualificate persone umane. È questo un aspetto essenziale della Chiesa, e sempre controverso da chi pretende attingere da altra fonte che non quella di Cristo e della autentica tradizione apostolica l’autorità nella Chiesa di Dio, o impugnarne i titoli che la giustificano. Non meno che da opinioni eretiche, le divisioni nella Chiesa provengono da divisioni scismatiche, cioè dalla negazione, più o meno radicale, dell’esistenza nel Corpo mistico di Cristo di legittime, anzi di obbligatorie funzioni autoritative, poste dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio (Cfr. Act. 20, 28). Chi nega, chi contesta, chi si arroga di giudicare con pretesa autorità propria questa funzione gerarchica della Chiesa di Cristo colpisce da sé i vincoli che alla Chiesa lo uniscono, contrista la Chiesa e concorre a demolirla, se fosse possibile, non a costruirla. Una miope e talvolta caparbia interpretazione della propria libertà di esame, di contegno, di azione, nei riguardi della filiale e solidale adesione dovuta a chi ha responsabilità di guida nella Chiesa pellegrina, ferisce nel cuore la sua somma e divina prerogativa di possedere e di promuovere il carisma dell’unità auspicata da Cristo.

Certamente si dovrà da parte della stessa autorità della Chiesa ricondurre sempre tale autorità al suo autentico concetto, quello d’essere una potestà derivata da Cristo (Cfr. 1 Cor. 4, 1. 15; etc.), pastorale quindi che vuol dire intesa al servizio, non ad un dominio dispotico ed egoista, e animata dall’amore secondo la verità (Eph. 4 , 15-16).

Nelle prove che il Signore, nella sua sapienza e nella sua bontà, riserva anche alla nostra umile persona, e proprio in questi giorni, nell’esercizio del nostro ministero apostolico di Vicario di Cristo e di servo dei servi di Dio, noi per primi cerchiamo di penetrare il nostro spirito di questi evangelici insegnamenti, immensamente grati a quei Fratelli e a quei Figli che con noi li condividono nel pensiero e nell’azione per l’edificazione del Corpo mistico di Cristo, ch’è appunto la Chiesa; e sempre protesi in vigilante e fiduciosa attesa che, rinnovati nello spirito dell’amore ecclesiale (come Cristo: dilexit Ecclesiam), riprendano il loro compito di comune, edificante collaborazione anche quei nostri dilettissimi Fratelli e Figli, che oggi resistono alla nostra apostolica sollecitudine per la costruzione effettiva della santa Chiesa (Cfr. H. DE LUBAC, Méditations sur l’Eglise, VIII).

Lavoriamo insieme! con la nostra Benedizione Apostolica.

                                          



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