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OMELIA DI PAOLO VI

Solennità dell’Assunta
Domenica, 15 agosto 1971

 

Nella omelia, il Santo Padre saluta innanzitutto il Cardinale Villot, i confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, la comunità parrocchiale e la comunità municipale, il nuovo direttore delle Ville Pontificie, le associazioni parrocchiali, le comunità religiose, i cittadini di Castel Gandolfo. Si dice lieto di trovarsi in mezzo a loro in unità di spirito, di fede e di preghiera, nel giorno dell’Assunta, una festa che induce i cristiani a rivolgere lo sguardo dell’anima verso il Cielo. Non è il cielo che contempliamo quando guardiamo la luna e le stelle, ma un’altra forma di essere, di vita che la Parola di Dio ci assicura susseguente alla forma di vita terrena, un’ineffabile e portentosa esistenza, dove la nostra capacità di vedere Dio e di godere di Lui sarà immensamente aumentata. Mentre adesso abbiamo soltanto il lume della Grazia e dell’intelligenza, che ci fa capire qualcosa di ciò che ci circonda, allora la nostra potenzialità recettiva sarà enormemente accrescitua. Sarà come se in una stanza buia si accendesse una luce. Quel Dio che ora cerchiamo a tentoni nei suoi segni, nelle sue manifestazioni naturali, nella sua opera, un giorno sfolgorerà davanti ai nostri occhi, splendente come il sole.

Paolo VI invita i fedeli a meditare sulla grande distanza che ci separa dal Cielo, sulla grande differenza tra la nostra vita attuale e quella futura. Così, guardando con lo sguardo dell’anima la Madonna Assunta al Paradiso avvertiamo questa infinita distanza. La sentiamo più eccelsa, immensamente diversa e lontana da noi. Maria era già diversa quando camminava su questa terra. Era un’eccezione, una creatura singolarissima, l’unica, oltre a Cristo, preservata dal peccato originale: immacolata, pura, perfetta.

Basterà ricordare le parole di Elisabetta che riceve Maria e che avverte il forte divario che la separa da Lei. Tanto più avvertiamo questa distanza noi che non vediamo Maria nella scena temporale sensibile, ma la contempliamo in uno stato di vita, di cui abbiamo un concetto incompleto e misterioso. Noi chiamiamo santità questa forma di esistenza. I santi sono i cittadini del Cielo, e Maria ne è la Regina; è la santità nel grado più alto, nell’espressione più sublime, completa, perfetta.

Gli uomini vivono in una tensione verso ciò che è perfetto; sono per natura attratti dalla bellezza, dalla virtù, dalla santità. Quando un santo appare sul nostro cammino ci sentiamo come polarizzati verso la sua persona. Anche i profani diventano curiosi, avidi di vedere qualcosa di questa elevatezza singolare che è superiore ad ogni conquista. Nella santità si verifica la pienezza delle nostre facoltà, l’espressione completa del nostro essere, la statura vera dell’uomo. Siamo avidi di perfezione. La Madonna, che è la creatura più perfetta e che ci appare nella sua gloria, attira in maniera superlativa il nostro sguardo.

Noi non conosciamo, - osserva il Santo Padre, - la manifestazione completa della luce divina. Ma conosciamo le perfezioni umane irradiate dallo splendore divino. Sono le virtù, che possiamo scorgere e misurare. La Madonna, proprio perché è così in alto, così distante da noi, nel fulgore dell’essere straordinario, eccezionale, unico, ineffabile che Dio Le ha conferito, irradia sopra di noi, fino ad incantarci, la sua immagine eccelsa, le sue perfezioni, le sue virtù, la sua santità. Noi la possiamo conoscere almeno per quello che nel cammino terreno la Vergine ci ha manifestato, e che il Concilio ha tratteggiato facendo, tra poesia e teologia, fervido elogio alla Madonna.

La prima virtù, la prima bellezza, la prima esemplarità che Maria ci manifesta, è la fede. La Madonna è l’esempio più alto della fede, cioè della comunicazione dell’uomo con Dio. Beata quae credidisti, è stato detto. Beata Colei che ha creduto ed accettato la Parola del Signore, il quale ha cominciato a vivere in Lei perché il Verbo si è riflesso nella sua anima recettiva. Dovremo guardare dunque a Maria come all’esempio di chi ascolta la Parola del Signore: la Parola che nella vita ci viene detta in modo tale da poterla ricevere o rifiutare. Siamo liberi di dire di no e di chiudere davanti a Dio la porta del nostro spirito. Ma ecco, Maria, esempio di Fede. Ella ha aperto la porta della sua anima al Signore.

Fra le altre virtù soprannaturali di Maria il Santo Padre sottolinea, poi, l’obbedienza. Fiat mihi secundum Verbum tuum. È l’obbedienza che fa la grandezza di Maria. Portiamoci ora sulla scena evangelica di Maria sotto la Croce del figlio sanguinante e morente. Qui va posto l’accento sulla fortezza dell’animo di questa Madre, sulla sua eroica capacità di soffrire e di resistere alla sofferenza. E la povertà? la Madonna ha lavorato con le sue mani nella forma più umile, insegnandoci anche questa virtù.

Più, quindi, guardiamo verso la Madonna, più troviamo quello che i santi hanno definito come il modello. Troviamo in Lei realizzata l’umanità nelle sue forme più genuine e per noi più accettabili. Sant’Ambrogio la chiama modello della Chiesa, e questo titolo passa nel Concilio, nelle parole solenni della Costituzione sulla Chiesa. Maria è il modello della Chiesa, cioè dell’umanità che accetta Cristo, si incontra con Cristo. Noi cristiani dobbiamo guardare a Maria per uniformare a Lei la nostra vita, Maria aveva dei privilegi che noi non abbiamo; ma essi, invece di aumentare la distanza tra noi e Lei, ci attraggono. La sua purezza, ad esempio. Nella Madonna non c’è macchia, non c’è imperfezione, non c’è difetto, non c’è mai stato un pensiero non eletto, un atto difforme dalla divina Legge. La nostra vita terrena è, invece, così piena di drammi interiori, di tentazioni, di provocazioni al male che creano in noi turbamenti e squilibri. Maria passa angelica sulla terra, intatta nella sua bellezza. Dobbiamo lasciarci incantare da questo esempio, e cercare di far sì che la nostra vita sia in qualche maniera modellata dalla sua santità tanto esemplare.

Il Santo Padre pone quindi l’accento sulla bontà della Madonna, sulla sua capacità di comprendere, di avvicinare, di consolare, di ascoltare. La Madonna è nel quadro del grande disegno della Comunione dei Santi. La bontà dei santi non è chiusa, esclusiva, inaccessibile; è comunicativa e si irradia dal Cielo verso gli uomini. Noi abbiamo la fortuna di poterci rivolgere, perciò, a Maria, di pregarla. Ella è madre di tutti, e ci infonde una speranza, una confidenza che dovrebbe modificare la nostra vita. Già mentre preghiamo la Madonna si trasforma la nostra fisionomia interiore. Le chiediamo una grazia ed Ella già ce l’ha concessa: quella di pregare, di essere buoni, di pentirci dei nostri peccati. La pietà mariana opera in noi la metanoia, la conversione interiore.

Imitare la Madonna e invocarla: questa l’esortazione del Santo Padre nel giorno dell’Assunta, che ci mostra Maria sfolgorante in una gloria inaccessibile, incomprensibile, superiore alle nostre forze, eppure stupendamente reale. Non sappiamo volare verso di Lei, ma sappiamo raccogliere gli esempi che piovono da Lei. Ella ci predica la fede, la bontà, la carità, la fortezza, l’obbedienza, la purezza, l’umiltà, e ci induce ad inserire queste virtù nel nostro programma di vita. Nessuna invocazione a Lei diretta va smarrita. Maria è pronta ad accogliere la voce più umile, la voce più flebile, la voce di chi è infermo, di chi muore, di chi soffre, di chi lavora. L’intera nostra vita umana è ascoltata da questa intercessione, che ci conduce a Cristo, unico Mediatore e Signore.

                                    



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