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DISCORSO DI PAOLO VI
AGLI ARCHIVISTI ECCLESIASTICI

Giovedì, 26 settembre 1963

 

Il Santo Padre si dice molto lieto dell’incontro. Anzitutto per ragioni personali. Vede fra i presenti, oltre a Monsignor Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, alcuni volti conosciuti: ecco il Prof. Battelli, a volersi soffermare soltanto su qualcuno, e il D. Palestra di Milano. Ciò aumenta la sua simpatia e benevolenza per una riunione che appunto Gli reca persone care e stimate.

La soddisfazione si accresce, quando lo sguardo si porta su questi due agmina, su queste due belle schiere di archivisti; dell’Associazione e del Convegno: il che significa che l’attività della Associazione ha progredito e viene affermandosi. Ha detto bene Monsignor Giusti: è stato sempre antico desiderio del Papa e lo è oggi ancor più, che questo momento, questo aspetto della vita culturale ed ecclesiastica abbia specifica ed organizzata assistenza. E cioè: quanti si dedicano alla cura assidua e riverente dei nostri Archivi si rendano sempre più convinti di un programma comune, e siano fra di loro uniti da vincoli di conoscenza; si affermi tra essi operosa collaborazione, sorga nobile gara, si dia a tutti un esempio di operosa solerzia in questo campo che, come è stato detto, interessa sia la vita ecclesiastica, sia la buona cultura, specialmente la storica.

Sua Santità è, inoltre, molto contento di sapere che dei competenti e degli appassionati, come sono quei cari studiosi, amano l’Archivio, che vuol dire la custodia del documento e del profitto che il documento può dare, giacché - e parla in Lui, ora, non tanto il modesto indagatore di carte e di libri, quanto proprio l’uomo di Chiesa - Egli è convinto che la coltura storica sia necessaria, parta dal genio, dall’indole, dalla necessità, dalla stessa vita cattolica, la quale possiede una tradizione, è coerente, e svolge nei secoli un disegno, e, ben si può dire, un mistero. È il Cristo che opera nel tempo e che scrive, proprio Lui, la sua storia, sì che i nostri brani di carta sono echi e vestigia di questo passaggio del Signore Gesù nel mondo.

Ed ecco che, allora, l’avere il culto di queste carte, dei documenti, degli archivi, vuol dire, di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi, dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase di «transitus Domini» nel mondo.

Il Santo Padre si dichiara, infine, assai soddisfatto che l’attività degli Archivisti sia adesso tanto bene individuata e ben servita. Gli Archivi Italiani, quelli ecclesiastici in specie, meritano questa grande cura. Sarà forse un fastidio, sarà una molestia, un peso, ma il fatto è che noi abbiamo una ricchezza immensa di Archivi ecclesiastici. Li dobbiamo bruciare? li dobbiamo abbandonare? dobbiamo lasciarli disperdere dalla usura del tempo o dalla ignoranza di quelli che li avvicinano; o invece dobbiamo difenderli? Non costituiscono forse un patrimonio nazionale, un segno della nostra civiltà, della nostra coltura, come si diceva; una nostra vera riserva, anche proprio per il rifornimento della psicologia ecclesiastica e della missione pastorale nel mondo?

Bisogna curarli; e il vedere che c’è adesso un organismo, un’associazione che si interessa, con ottimi criteri, con aderenza positiva, alle necessità insorgenti, è per il Papa - come lo sarà per chiunque - ragione di conforto. Dirà di più, - e anche qui parla l’uomo di Chiesa -: si ponga mente che c’è ancora molto da fare, anzi moltissimo. Sono stati compiuti grandi progressi, si è incominciato a formare quella che oggi vien denominata la coscienza archivistica, cioè la persuasione di un dovere e la possibilità anche di estro, di gusto, di soddisfazione intellettuale. Noi abbiamo ancora enormi riserve di archivi che chiamiamo minori perché poco noti. Eppure forse possono rivelarsi di maggiore importanza il giorno in cui ci dedicheremo pazientemente ad esplorarli, classificarli, esibirli al pubblico.

Per questi motivi il Santo Padre vuole confortare la fatica e i propositi degli illustri ascoltatori con tutto il Suo incoraggiamento, con l’espressione della Sua compiacenza per quanto è stato compiuto e della Sua speranza per quel che si intende realizzare in seguito. Ed includendo realmente la loro attività nel grande programma della vita sia culturale che spirituale della Chiesa, Egli dà ben volentieri a ciascuno dei presenti la Benedizione Apostolica.



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