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DISCORSO DI PAOLO VI
AI MEMBRI DELL'AMMINISTRAZIONE PER LE
ATTIVITÀ ASSISTENZIALI ITALIANE E INTERNAZIONALI

Venerdì, 13 gennaio 1967

 

Abbiamo la consolazione, stamane, di ricevervi in particolare Udienza, Dirigenti, Collaboratori e Collaboratrici della benemerita Amministrazione per le Attività Assistenziali Italiane e Internazionali. Consolazione, diciamo, perché voi vi dedicate con amore e intelligenza all’assistenza benefica dei piccoli. Ci è stato detto, infatti, che le vostre premure si rivolgono ogni anno, nel settore dei soggiorni estivi, verso un cospicuo numero di bambini, figli di lavoratori italiani emigrati, o di dipendenti da Ministeri ed Enti pubblici. Ben settemila sono stati quest’anno: addirittura una folla, uno schieramento veramente considerevole, che basta da solo a porre quotidiani problemi di tutti i generi e di tutte le difficoltà.

Davanti al quadro di codesta attività Noi Ci sentiamo in dovere di rilevare il carattere tipico ch’essa è venuta assumendo per la sua accurata organizzazione e specialmente per l’applicazione a codesta forma di assistenza dei moderni sistemi scientifici, sanitari e pedagogici per la cura all’infanzia, considerata nelle sue molteplici necessità dell’opera amorosa ed esperta di persone specializzate e nelle sue capacità di sviluppo fisico, psichico e morale. L’assistenza diventa così un’arte delicata e complessa, che le fa superare i metodi empirici ed imperfetti, nei quali spesso si svolge, e reclama un corpo di persone che le dedichino non soltanto il loro tempo ed il loro cuore, ma altresì le norme che una consumata esperienza ed una progredita riflessione tecnica e scientifica sono riuscite a formulare metodicamente. Sappiamo che in codesta concezione dell’assistenza voi avete dedicato lunghe e sagge premure, così da raggiungere risultati non solo soddisfacenti per voi, ma esemplari per altri; è codesto uno dei meriti particolari del vostro lavoro, che Noi tanto più volentieri riconosciamo in quanto esso non prescinde dalla valutazione e dall’impiego del fattore spirituale e religioso, sia per la formazione di coloro che si dedicano a questa nobilissima professione, sia per la fanciullezza che forma l’oggetto di codeste sollecitudini.

Ebbene, lasciate allora che cogliamo dal solenne tempo liturgico dell’Epifania del Signore, che oggi si conclude, la parola di compiacenza e di incoraggiamento per la vostra bella, utile, provvida opera assistenziale. Per tutta questa settimana, e ancora oggi in cui la liturgia romana ricorda il Battesimo di Cristo, la Chiesa è ritornata instancabilmente col pensiero a quei tre ignoti sapienti, venuti ad adorare il Cristo dietro la scia splendida e misteriosa della stella, apparsa a indicarne la venuta. «Omnes de Saba venient, aurum et thus deferentes», si è ripetuto ogni giorno nel Breviario: e il fulgore della luce che manifesta il Divino Salvatore è stato il tono costante che ha animato la preghiera della Chiesa.

Ebbene, vogliamo dirvi: anche voi, come i Magi, seguite una stella, che brilla invitta e alta nel cielo. Essi cercavano il nato Re dei giudei, ed essa li guidò sicuri nel loro viaggio pieno di incognite, nelle insidie della corte erodiana, nella indifferenza della grande città cosmopolita; la stella fece loro trovare il Figlio di Dio non nell’appariscente splendore di una reggia, bensì nell’umiltà e nella semplicità di una povera dimora; non nella veste di un sovrano potente e idolatrato, bensì nello spogliamento di piccolo Bambino, fragile e impotente, tra le braccia dell’umile Madre: «Et invenerunt puerum cum Maria matre eius, et procidentes adoraverunt eum» (Matth. 2, 11).

Quel Bambino, che nella sua debolezza indifesa è il Padre del secolo venturo, il Principe della pace (cfr. Is. 9, 5), è lo stesso che ha detto: «Tutto quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me» (Matth. 25, 40): e prima di dire queste parole misteriose, Egli le ha volute vivere con l’esempio della sua povertà e del suo abbassamento. Ma quell’esempio dura tuttora: ancora oggi, ovunque è un piccolo da cercare, da sfamare, da aiutare a vivere, da educare, da formare, là è il Figlio di Dio, che se ne riveste, possiam dire, per un incomprensibile e sconvolgente scambio, e aspetta che noi, uomini della saggezza, uomini della scienza, uomini dell’autorità, dell’autosufficienza e del potere, ci chiniamo verso di Lui, ad amarlo e a curarlo; ogni volta, aggiunge l’Evangelista, l’avete fatto a me.

Ecco la vostra stella, cari Signori, che voi sapete seguire con tanta dedizione, trovando il Figlio di Dio sotto le spoglie dei vostri piccoli: una stella che sottopone anche voi a disagi non pochi, a viaggi non sempre spensierati, a incomprensioni, forse, o a critiche delle moderne reggie del lusso e dell’umana presunta saggezza, che si disinteressano di questi problemi, o che neppure se li pongono. Voi seguite la stella, e ogni anno essa vi porta a trovare il Signore, al Quale offrire i vostri doni più belli - tempo, disponibilità, intelligenza, spirito pratico e organizzativo - sotto le spoglie di quei settemila bambini che vi dànno tanti problemi, ma anche tanta gioia e consolazione in cuore.

E allora il Nostro augurio, oggi, sarà proprio questo: che lo splendore di questa stella - cioè di una fede viva, operosa, lieta - vi brilli sempre davanti; che non si oscuri mai, non solo per l’esempio e per l’aiuto che date così alla società, ma anzitutto per voi stessi, per la vostra personale esperienza. Sappiate cioè animare il vostro lavoro con questi altissimi motivi: sappiate scoprire il misterioso scambio, a cui abbiamo accennato, e dare così al vostro impegno riflessi di fede e di eternità.

È il Nostro incoraggiamento più vivo, che si accompagna a una preghiera per voi e per i vostri cari, mentre di cuore a tutti impartiamo la Nostra particolare propiziatrice Benedizione Apostolica.

                                                 



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