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DISCORSO DI PAOLO VI AI COMPONENTI
DEL PATRIZIATO E DELLA NOBILTÀ ROMANA

Sabato, 14 gennaio 1967

 

TRADIZIONE E ATTUALITÀ

La vostra visita tradizionale, che l’inizio del nuovo anno Ci procura, è fra quelle che sollevano nel Nostro spirito molti pensieri, perché Ci obbliga a considerare non soltanto il numero e la qualità delle persone che Ci circondano, la cortesia e la bontà degli auguri che Ci sono presentati, le ragioni storiche che dànno titolo di speciale valore a questo annuale incontro, ad aprire cioè la Nostra attenzione ed il Nostro animo verso un ceto di figli e di cittadini della nostra vetusta Città, tanto distinto e tanto legato alle vicende sue e di questa Sede apostolica, non soltanto, diciamo, ma Ci impone quasi un atto riflesso su Noi stessi, come all’arrivo di visitatori esperti, che ben conoscono l’ospite che li accoglie e la dimora in cui sono dopo qualche tempo ritornati. L’ospite medesimo riflette sul suo proprio aspetto, se sia quello d’una volta, se sia nella forma dovuta per ricevere una visita impegnativa, e se possa incontrare ancora il gradimento degli anni lontani, che improvvisamente sembrano rivivere nella memoria. Succede così quando un figlio, dopo un periodo di lontananza e di varie vicende, torna alla casa dei suoi avi e s’incontra col padre, il quale legge nell’espressione del figlio, come in uno specchio, d’aver cambiato figura, e di apparire allo sguardo indagatore del nuovo arrivato un po’ diverso da quello che era.

È così? Alla vostra presenza, illustri Signori e Figli carissimi, sorge infatti in Noi una silenziosa, ma imperiosa domanda: come Ci trovano, come Ci vedono questi sagaci visitatori? E non Ci riferiamo ai cambiamenti esteriori, che possono aver modificato la visione che, specialmente gli anziani, avevano impressa nella memoria e nel cuore del Vaticano antico, quanto ad altri cambiamenti, meno sensibili, ma più importanti, quelli dell’ambiente, quelli dello spirito e dell’attività. Non Ci vogliamo adesso inoltrare in questo genere di pensieri sul confronto del passato col presente, sulla nostalgia dei giorni andati e sul romantico sogno d’un Vaticano costruito secondo le reminiscenze degli studiosi delle cose passate o secondo gli idealismi di fantastiche velleità. Ma di un avvenimento vogliamo far cenno, che imprime al volto esteriore del Vaticano, a qualche struttura stessa della Santa Sede, ed a qualche suo atteggiamento interiore un aspetto nuovo, uno spirito nuovo: vogliamo dire - tutti lo immaginate - il Concilio ecumenico testé celebrato.

CONOSCERE LA CHIESA RIPRESENTATA AL MONDO DAL CONCILIO

Che cosa è avvenuto? Anche qui non Ci vogliamo ora riferire alle riforme liturgiche e canoniche di cui voi avete esperienza e notizia; diciamo del fatto spirituale più importante, che il Concilio ha prodotto, o piuttosto promosso in seno alla Chiesa: una più approfondita coscienza di sé e della sua missione. Il Concilio, a questo riguardo, può considerarsi un ripensamento della Chiesa su se stessa; essa ha cercato di fare una sintesi sull’a dottrina che la riguarda; di puri care varie opinioni e varie abitudini, che tanti secoli e tante traversie avevano mescolato, talvolta con buona intenzione, con il puro e genuino concetto, che dal pensiero di Cristo e dal suo legittimo ed ortodosso sviluppo storico scaturisce circa questa grande, misteriosa e visibile istituzione, che si chiama la Chiesa; e di ricomporre il suo proprio volto spirituale ed umano in conformità a questo concetto, per ritrovarsi quella che Cristo pensò ed amò: la sua casa fra gli uomini, l’edificio ch’Egli stesso è sempre in atto di costruire, la grande famiglia dei credenti nella sua Parola, viventi del suo Spirito e guidati dal Pastore, con gli altri Pastori successori degli Apostoli, nell’unità e nella carità. Se Noi abbiamo la virtù di dare qualche segno di questa accresciuta coscienza ecclesiale, e se voi avete l’occhio penetrante della faccia della Chiesa, diventata più pensosa e più intenta al suo dovere apostolico, la novità del Concilio vi si fa palese; e certamente un problema sorge anche negli animi vostri: quello del modo di aderire alla Chiesa, che oggi così si presenta. Conoscere il Concilio, nei suoi insegnamenti, e nei suoi decreti, ripensare e riconoscere la Chiesa, quale esce dal Concilio: ecco, a Noi pare, il significato attuale di questo incontro augurale.

DIFFICOLTÀ INGENTI, PROBLEMI, SOFFERENZE . . .

E ancora a Noi pare che, se voi, guidati dalla vostra cultura da un lato, e dalla vostra fedeltà dall’altro, avete pazienza, sì, di fissare lo sguardo sul volto della Chiesa, e di questa Sede Apostolica, che della Chiesa è il centro ed il segno, scoprite subito due fenomeni caratteristici che sono al tempo stesso contrastanti e complementari, quasi reclamati l’uno dall’altro: il primo, al quale ha fatto aperto cenno l’interprete dei vostri auguri, le grandi, le nuove, le insuperabili (umanamente parlando) difficoltà in cui oggi si trova la religione, quella cattolica in ispecie (perché più positiva nella sua dottrina più organizzata nelle sue strutture) a causa del materialismo dilagante, o, diciamo meglio, del temporalismo dappertutto diffuso, della ricerca prevalente ed in molti esclusiva del regno della terra; del campo dove l’uomo, con la sua ragione e con la sua arte, è padrone; del mondo, dove si promuove la negazione di quanto trascende la scienza umana (quasi che questa bastasse a giustificare la causalità di ciò che scopre e conosce), la negazione di Dio, con quanto segue a questo spegnimento della Luce centrale del cosmo, della vita e del pensiero. Difficoltà enormi, ingigantite dai profeti dell’ateismo e dai propagandisti del laicismo, favorite dalla conquista positiva e plausibile delle realtà terrestri, e assecondate dalla pigrizia spirituale di quanti vedono nella religione un principio misterioso, una legge imperiosa, una forma di vita troppo sapiente e spirituale. Difficoltà enormi che hanno ripercussione nell’interno stesso della Chiesa, con lo scoppio di problemi talora così radicali, che, se non trovano pronta e ferma risposta, possono sovvertire tutto l’edificio dottrinale, morale, non che ecclesiale del cristianesimo. Difficoltà enormi che fanno, in non pochi Paesi del mondo, tanto penosa e compressa la vita della Chiesa. Se voi guardate bene il volto della Chiesa di oggi, lo vedrete solcato da sofferenze, da ansietà e da lacrime, che non possono lasciare insensibile chi della Chiesa si dice figlio ed apostolo.

. . . SEMPRE PIÙ INTENSA, CON LA FEDELTÀ A CRISTO, LA LUCE PER L'UMANITÀ

Poi l’altro fenomeno: questo volto, sferzato dalla negazione e dalla avversità, appare straordinariamente vivo; non mai forse come oggi la Chiesa è stata in eguale tensione di pensiero, di attività apostolica, pastorale, missionaria, caritativa; non mai forse come oggi la Chiesa è stata intenzionalmente presente nel mondo con la voce dei suoi principii, con la dedizione dei suoi servizi, con la dichiarazione del suo amore; e non mai forse il suo antico e contrastato messaggio evangelico è apparso qual è, la luce del mondo. La Chiesa è stupendamente viva, nella sua umana umiltà e nella sua interiore comunione con la radice della sua efficienza: la Parola di Dio e la Grazia dello Spirito, che porta con sé.

Che vi pare, Signori illustrissimi e Figli carissimi, di questa visita di capodanno al Papa? Essa non sfugge alla tendenza, invalsa nella vita e nello stile della Chiesa Post-conciliare, di un aperto realismo: ogni cosa, ogni gesto deve avere riferimento a ciò che è essenziale, a ciò che è vivo, a ciò che è doveroso nella professione cattolica; e voi siete troppo buoni e troppo intelligenti per non apprezzare che questa tendenza abbia anche in questo incontro la sua apparizione. Abbiamo detto che questa udienza sveglia in Noi il senso di ciò che oggi siamo ed il dovere di tosi presentarci. Ecco qual è la Chiesa, a cui oggi portate i vostri auguri.

Diciamo questo non già per mostrarCi meno cortesi e meno riconoscenti per la vostra visita, per i vostri auguri e per le espressioni piene di alti sentimenti e di generose promesse, che voi Ci avete rivolte. Diciamo questo affinché vogliate conoscere il valore autentico dell’ora che la Chiesa, e con essa questa Sede Apostolica, sta vivendo; e perché vogliate amare la Chiesa e la Sede Apostolica e l’umile Papa, che vi parla, con l’amore che oggi si richiede.

IL PIÙ ALTO PRINCIPIO: FEDE AUTENTICA, AMATA, VISSUTA

Avrete un modo quest’anno di manifestarlo. Si è accennato nelle parole, che Ci sono state indirizzate, alla celebrazione del centenario del martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo: non pone questa celebrazione in ogni figlio della Chiesa, ma più direttamente in ogni cattolico cittadino di questa Roma, dove i due massimi Apostoli diedero la loro suprema testimonianza, l’invito a riflettere sui vincoli che a queste colonne della Chiesa lo uniscono? Chi all’invito risponde, vedrà come la Fede, la Fede autentica, la Fede amata, conosciuta e vissuta, la Fede che ci fa figli di Dio e seguaci di Cristo e membri della Chiesa, è il primo ed indispensabile principio della nostra comunione apostolica e cattolica. Non sarà pertanto la professione interiore ed esteriore della Fede cattolica quella che, quest’anno specialmente, ci introduce nel mistero della Chiesa, quale il Concilio ha presentato e quale la presente esperienza storica ci fa meditare? Sarà nell’adesione alla Fede che troveremo le vere ragioni della nostra fedeltà al Papa e alla Chiesa; sarà nel risveglio della Fede che risentiremo l’onore, la forza, la gioia di saperci e di sentirci cattolici. Ed è per avvalorare in voi questa Fede benedetta che a voi diamo la Nostra Benedizione Apostolica.

                                            



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