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DISCORSO DI PAOLO VI
AL SACRO COLLEGIO
NELLA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Lunedì, 24 giugno 1968

 

NELLA LUCE DELLA FEDE LE VICENDE DEL TEMPO

Signori Cardinali!

Accogliamo con viva riconoscenza i voti, di cui con grande cortesia e con riferimenti realistici il Signor Cardinale Decano, da pari suo, si è fatto interprete. Codesti voti Ci assicurano della vostra indulgenza verso l’umile Nostra persona, Ci confermano la realtà ed il proposito della vostra collaborazione nel Nostro servizio di guida della Chiesa, Ci manifestano la comunione dei vostri sentimenti e delle vostre orazioni a conforto di quella fiducia nel Signore, dal quale soltanto attendiamo lume ed aiuto, affinché l’opera Nostra non manchi d’efficacia e di merito. Ci sono pertanto molto graditi, e li ricambiamo di cuore per le vostre eminenti persone e per il lavoro, spesso arduo, pesante e delicato, che voi prestate alla Sede Apostolica.

La vostra presenza Ci inviterebbe a conferire con voi sulle presenti condizioni del Nostro ministero apostolico e delle circostanze in cui esso oggi si svolge; a fare cioè, come si suol dire, il bilancio della Nostra e vostra attività, a ciò sollecitati dalla temperie spirituale Post-conciliare e dalle presenti vicende del mondo, in cui la Chiesa compie la sua missione non senza sentire in se stessa forti ripercussioni di quelle vicende. Ma discorso troppo lungo sarebbe; e forse superfluo per chi, come voi, Signori Cardinali, tutto, si può dire, conosce a tale riguardo. L’occasione tuttavia è troppo propizia, perché Noi trascuriamo di fare qualche breve e semplice rilievo su alcuni punti di comune interesse e meritevoli di qualche particolare attenzione anche per i giorni futuri.

Questo incontro avviene alla vigilia, ormai, di un avvenimento del quale piace rilevare già fin d’ora il significato e l’importanza. Vogliamo dire la conclusione dell’«Anno della Fede», da Noi indetto per commemorare degnamente e utilmente il XIX centenario della morte gloriosa degli Apostoli Pietro e Paolo.

La cerimonia che per tale circostanza abbiamo intenzione di celebrare solennemente la sera del 30 di questo mese, vuole rappresentare come il coronamento di un prolungato periodo di riflessione, di preghiera, di propositi, nel quale la Chiesa Cattolica ha procurato di riaffermare con consapevole chiarezza e decisione, all’interno e all’esterno, per oggi e per domani, la propria adesione, il proprio abbandono alla parola illuminante e vivificante del suo Fondatore e Maestro, ripetendogli con lo stesso slancio fiducioso del Principe degli Apostoli: «Domine ad quem ibimus? l’erba vitae aeternae habes» (Io. 6, 68).

È nella luce di questa fede, così vivida e tanto consolatrice, che Noi vogliamo vedere, sempre, e cercare di comprendere e di interpretare le vicende del tempo che passa: della Chiesa, innanzitutto, ed anche del mondo nel quale la Chiesa vive ed opera, specialmente per l’aspetto, che tanto Ci sta a cuore e che Ella ha eloquentemente rammentato, della salvaguardia della pace e del vero progresso dei popoli.

Avvolti, e come scandagliati, da questa luce, taluni avvenimenti, che parrebbero inesplicabili, offrono qualche spiegazione, in una logica che trascende bene spesso quella degli uomini che ne sono protagonisti; e molte speranze, oppresse e quasi spente dalla prepotenza della realtà, riprendono consolante vigore.

LE VIE SICURE PER AUTENTICA GIUSTIZIA FRA I POPOLI

Di questa visione chiara e giusta, di questo soprannaturale ottimismo nelle speranze, abbiamo bisogno, ad esempio, quando contempliamo il diffondersi, l’affermarsi, in situazioni quasi stabilmente acquisite, di violente esplosioni di lotta intestina o di rivolta, che provocano quasi fatalmente la violenza nella risposta o nella repressione, dando così origine ad una paurosa sorgente di incomprensioni, di risentimenti, di odio, della quale è molto spesso difficile prevedere e, soprattutto, scongiurare le dolorose e pericolose conseguenze.

Dopo l’esaltazione di esempi come magnanimi e sublimi di uomini, che hanno promosso movimenti ideali e sociali di grande importanza e con grande efficacia, professando una nobile e coraggiosa «non-violenza», ecco che, in certi ambienti, la violenza torna di moda.

Della violenza - anche nelle sue forme armate, sanguinose - si è giunti a formulare delle teorie, per spiegarla, per giustificarla, per esaltarla: come unica e salutare risposta a situazioni di oppressione, a stati di violenza istituzionalizzata, come talvolta si dice, ad un ordine che si accusa di essere, nella realtà, un disordine stabilito, a una legalità formale che coprirebbe sostanziali illegalità.

A queste giustificazioni si vuole, da talune parti, portare anche l’aiuto di ragioni desunte dal pensiero cristiano e dalle sue esigenze: così che è possibile sentir parlare di una «teologia della violenza», derivata da una precedente «teologia della rivoluzione».

Profondamente compresi della durezza di molte situazioni, di individui, di classi sociali, di Nazioni o di gruppi di popoli; sensibili, più che altri mai, alle voci di dolore, al clamore che da tante parti del mondo si leva per invocare aiuto e opportuni cambiamenti; tenuti per la Nostra stessa missione ad essere tutori franchi ed aperti di una progrediente giustizia fra gli uomini, Noi non esitiamo a ripetere la Nostra compassione per ogni umana sofferenza, la Nostra deplorazione per ogni colpevole azione o negligenza che ne sia la causa, e la Nostra vivissima esortazione ad intraprendere, ovunque ve ne sia il bisogno, da parte di chiunque ne abbia responsabilità o possibilità, un’azione risoluta e coraggiosa per rimediare efficacemente e sollecitamente a stati di cose che la coscienza umana, e quella cristiana in ispecie, non può tollerare.

Sentiamo però, insieme, il dovere di mettere in guardia i Nostri figli e tutti gli uomini dalla facile, ma illusoria, tentazione di credere che il mutamento tumultuario e precipitoso di un ordine insoddisfacente sia per se stesso garanzia di un ordine buono, o almeno migliore, ove questo non sia debitamente preparato; e soprattutto che la violenza, anche se dettata da sincera rivolta contro l’ingiustizia, assicuri quasi naturalmente l’instaurazione della giustizia; quando l’esperienza Ci insegna che il più ,delle volte è proprio vero il contrario.

PER LE SUPERIORI ARMONIE DEL REGNO DI DIO

Riservandoci di tornare in altra propizia occasione, se ne sarà il caso, su argomento di tanta importanza, desideriamo richiamare per ora i Nostri figli, specialmente i più giovani, e quelli più consapevoli delle esigenze evangeliche, alla necessità di ravvivare in loro quello spirito di carità, che è uno dei frutti più belli ed operanti di una fede viva e sincera, e che - a tutti estendendosi nel nome di Cristo - consente, nella maniera più efficace, di trovare le vie per «vincere in bono malum» e per instaurare anche sulla terra quel «regno di giustizia, di amore e di pace», che riflette le superiori armonie del Regno di Cristo.

Ma il dolce nome della «pace» che testé usciva dalle Nostre labbra, Ci fa pensare, con un’ansia che il prolungarsi delle situazioni di complotto non attutisce, ma accresce, ai luoghi dove essa rimane, purtroppo, un’aspirazione tuttora insoddisfatta dei popoli. Ci riferiamo segnatamente al Sud Est asiatico, a talune regioni dell’Africa e al Medio Oriente.

LA GUERRA NEL SUD EST ASIATICO

Con soddisfazione e con speranza prendemmo atto - e con Noi quanti sono impegnati alla causa della pace - della nobile decisione delle Parti interessate al conflitto nel Vietnam, di ricercare, mediante la discussione serena ed aperta, la via sicura alle trattative di pace.

Seguiamo ora, con trepidazione ed interesse, lo svolgimento dei lavori della Conferenza parigina, per il cui positivo successo rinnoviamo i Nostri voti più fervidi ed eleviamo la Nostra prece al «Datore di ogni bene, alla Luce dei cuori».

Non Ci nascondiamo che il cammino della pace, di questa pace specialmente, è irto di difficoltà. Noi pensiamo tuttavia che la possibilità d’una soddisfacente soluzione sia relativamente prossima e facile, se da entrambe le Parti contendenti siano lealmente dati segni d’una reciproca tregua d’armi, e sia così predisposto un periodo di sereni e fraterni rapporti fra le due regioni in conflitto, in modo che esse possano poi decidere liberamente delle proprie sorti.

Consapevoli di questa realtà, non possiamo sottrarci al dovere di fare nuovo appello al senso di responsabilità delle Parti, perché presto la buona volontà prevalga sugli ostacoli e sugli interessi contrastanti, perché l’aspirazione comune e la sofferenza vicendevole si concretizzino in iniziative efficaci, perché uno spirito di generosità aiuti a gettare le basi di una composizione stabile, tali da garantire la libertà e l’indipendenza delle Nazioni interessate e da soddisfare alle vitali necessità ed ai legittimi diritti dei popoli.

Intanto però nel Vietnam continua ad infuriare la tempesta.

Ai Nostri occhi si presenta la triste visione di una lotta aspra e crudele, che tutti coinvolge e tutto sconvolge, e che Ci spinge a ripetere la Nostra parola di conforto e di incoraggiamento a quanti particolarmente soffrono, alle vittime innocenti della violenza, ai feriti, ai profughi, a coloro che nell’immane tragedia che li ha colpiti, hanno perduto le persone e le cose a loro più care e ciò costituiva il sostegno della loro vita.

Abbiamo continuato ad inviare, là dove Ci è’ stato possibile e nella misura a Noi consentita, il Nostro aiuto. Esso, sebbene non fosse - come avremmo voluto - adeguato alle necessità, ha permesso tuttavia alle organizzazioni caritative ed assistenziali di intraprendere una benefica attività in favore dei più bisognosi.

Né possiamo tacere la Nostra ammirazione e la Nostra lode per gli zelanti Pastori, i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi e le religiose, i quali, incuranti del pericolo a cui erano esposti, si sono prodigati con tale fervore di generosità da riscuotere il plauso anche di coloro che non sono loro fratelli nella stessa fede.

È per noi motivo di conforto il sapere che questa gara di carità era animata, sostenuta e guidata anche dalla parola e dall’esempio del Nostro Rappresentante nel Vietnam, al quale va il Nostro pensiero riconoscente.

SPECIALI VOTI PER LA NIGERIA

Passando ora al grande e a Noi sempre caro Continente africano, saremmo lieti di poterci soffermare soltanto sul fervido lavoro che giovani e fiorenti cristianità, con l’aiuto generoso di missionari postisi al loro servizio, ed a fianco del Clero locale e delle formazioni cattoliche indigene, stanno in esso svolgendo; o sull’impeto ricco di promesse con il quale Nazioni giunte di recente ad una piena indipendenza ed autonomia stanno lavorando per porre le basi del loro progresso economico, culturale e sociale.

Purtroppo non mancano anche in questo Continente situazioni e focolai, non solo di agitazione, ma di vera e propria lotta armata.

Senza scordare gli altri - presenti sempre al Nostro spirito, e che seguiamo con la trepidazione e la comprensione di un padre -, non possiamo non riferirci più direttamente al conflitto che già da troppo tempo insanguina fiorenti regioni della Nigeria.

Abbiamo ricevuto, or non è molto, la visita di persone provenienti dalle Province ecclesiastiche di Lagos e di Onitsha, le quali Ci hanno parlato delle deplorevoli ostilità che hanno lacerato il loro nobile Paese. Siamo rimasti profondamente colpiti dal racconto delle tristi conseguenze della guerra, in ispecie, delle uccisioni, della fame e delle malattie, che affliggono quelle generose popolazioni.

Abbiamo nutrito grandi speranze per una pace negoziata, quando le due Parti interessate al conflitto si sono incontrate insieme al tavolo di preliminari trattative in un Paese parimente a Noi molto caro, l’Uganda. Purtroppo, l’interruzione di questi incipienti negoziati ha fatto svanire i disegni di composizione rapida e pacifica. Abbiamo colto da parte Nostra ogni occasione per rivolgere ad entrambe le Parti in lotta il Nostro invito pressante a cessare le ostilità ed a trovare il modo di giungere ad una trattativa leale e fruttuosa. La Santa Sede, fedele al suo dovere, ha procurato di farsi anche per quelle regioni messaggera di pace e portatrice di carità, per recare aiuto a tutti coloro che soffrono per le conseguenze del conflitto, senza nessuna discriminazione né di regione né di religione.

Sebbene i colloqui non abbiano portato alla soluzione desiderata, la discussione non sembra sia stata completamente abbandonata. Questo Ci induce ad auspicare che possano ancora prevalere saggi consigli.

Coerenti con la Nostra missione paterna e pacifica verso tutti gli uomini, Noi rivolgiamo ancora il Nostro invito cordiale alle Parti interessate, perché depongano le armi, cerchino nuovamente la base di una pace vera e stabile e permettano intanto alla carità cristiana di venire in aiuto di tanti figli di Dio bisognosi e sofferenti.

A quanti sono così duramente provati, Noi esprimiamo la Nostra paterna commiserazione insieme alla viva sollecitudine per la loro sorte.

Eleviamo altresì la Nostra fervente preghiera per tutti i responsabili diretti e indiretti, affinché Dio illumini le loro menti e rafforzi i loro propositi, in modo che possano seguire consigli di giustizia e di concordia.

LA SITUAZIONE NEL MEDIO ORIENTE

La crisi del Medio Oriente che un anno fa tenne il mondo in ansia, non è purtroppo risolta. Atti di forza e talvolta anche azioni belliche continuano ad allarmare qua e là individui e popolazioni. Esprimiamo il Nostro voto che questi episodi lamentevoli non solo non si estendano a settori finora mantenuti nella calma, ma non abbiano più a verificarsi, siano risparmiate in tal modo nuove sofferenze e nuovi disagi alle popolazioni, e siano agevolate, non intralciate, le vie della pace.

Noi umilmente preghiamo il Signore e semplicemente chiediamo agli Uomini interessati alla soluzione di questa crisi: non siano riprese le armi! Siano ristabiliti giusti confini. Non siano estese le aree dei conflitti: pensiamo specialmente, a questo riguardo, al Libano, Paese a Noi caro e singolare per la pacifica convivenza delle diverse popolazioni che lo compongono. Si dia alla sempre aperta e dolorosa questione dei Profughi conveniente soluzione. Non siano introdotte nei vari Paesi sperequazioni fra cittadini di differenti razze e di differenti religioni e nazionalità. E vogliano gli Uomini-guide dimostrare i loro spiccati talenti umani e politici nel cercare e nel favorire nuove formule di convivenza tranquilla e di solidale collaborazione.

Con la presa di posizione delle Nazioni Unite esiste ora - Noi crediamo - un punto fermo attorno al quale si cerca tuttavia assai faticosamente di stabilire un equilibrio. Nonostante le varie e gravi difficoltà a tutti note, attraverso le quali deve svolgersi la missione dell’Inviato dell’ONU, la promessa da parte dei responsabili di volere collaborare a tale azione, è un motivo che non lascia svanire la speranza che possano aversi sviluppi favorevoli in vista di un regolamento equo e duraturo, quale vivamente auspichiamo.

IL PROBLEMA DI GERUSALEMME E DEI LUOGHI SANTI

Intendiamo manifestare qui il Nostro apprezzamento a tutti coloro che hanno dimostrato di interessarsi alle esigenze di questa tormentata regione, sia con incoraggiamenti alla pacifica composizione delle controversie, sia con un’azione volta al medesimo scopo. Vorremmo che questa buona volontà non venisse mai meno, e che soprattutto le Parti direttamente coinvolte nella contesa sapessero con lungimirante coraggio affrontare i sacrifici che all’una e all’altra sono necessariamente richiesti per ottenere un bene così indispensabile come la pace.

Noi stessi, mossi dal Nostro dovere di Pastore a favorire l’intesa tra i popoli, non esitiamo ad affermare la necessità che siano in primo luogo gli animi ad essere educati nello spirito della pace, siano evitate le minacce e le manifestazioni che umiliano e che alimentano rancori ed avversioni, e siano invece apertamente riconosciuti a ciascun popolo dignità, indipendenza e diritto alla vita.

In questo contesto, continuiamo a rivolgere la Nostra attenzione al problema che per particolari titoli Ci sta a cuore: Gerusalemme e i Luoghi Santi, di cui avemmo modo di parlare più ampiamente nel dicembre dello scorso anno.

Riaffermiamo quanto allora abbiamo detto nella convinzione che la particolare considerazione, che fosse data ad esso dalle competenti autorità, costituirebbe un atto di giustizia e sarebbe un passo in avanti nella via della comune conciliazione.

Mentre, purtroppo, si mantengono vivi i sanguinosi conflitti che abbiamo ricordato, e mentre sempre più frequente - anche in Europa - diventa il ricorso alla violenza ed alla sovversione, è apparso sull’orizzonte della comunità internazionale un segno confortante, un indizio buono. Le Nazioni Unite, dopo lungo lavoro della apposita Commissione e dopo largo dibattito, hanno - pochi giorni or sono - approvato il testo di un Accordo internazionale, inteso a por fine alla proliferazione delle armi atomiche e ad arrestare la corsa agli armamenti nucleari. Naturalmente la sua efficacia dipenderà dal numero degli Stati - specialmente fra quelli maggiormente in grado di procurarsi armamenti del genere - che decideranno di firmarlo e ratificarlo. Sappiamo che l’Accordo, a giudizio di molti, ha in sé numerose limitazioni, che trattengono alcuni Governi dal darvi la loro incondizionata adesione. Ma esso si presenta pur sempre come un primo passo, indispensabile, verso ulteriori misure nel campo del disarmo, fino - Noi lo auspichiamo e lo imploriamo di nuovo, a nome dell’umanità intera - al bando totale delle armi nucleari ed al disarmo generale e completo.

UN SEGNO CONFORTANTE SULL’ORIZZONTE INTERNAZIONALE

Nella circostanza dell’elaborazione del testo e della sua approvazione, non abbiamo mancato - come era Nostro dovere pastorale - di manifestare il Nostro pensiero incoraggiante, il Nostro voto, ed infine la Nostra soddisfazione per la conclusione delle trattative e per il sollecito raggiungimento delle finalità che l’Accordo intende perseguire. Tra queste, Ci piace mettere in rilievo: l’impegno assunto dalle Potenze nucleari - almeno tre di esse - di procedere ad una graduale riduzione del loro potenziale atomico; la rinuncia degli Stati non in possesso di armi atomiche a fabbricarne o a procurarsene di proprie; la ricerca di una forma di cooperazione tra le Nazioni per l’uso pacifico dell’energia nucleare e per farne rifluire i benefici ai Paesi in via di sviluppo.

Possano queste finalità, che sono di pace e di progresso per tutta la famiglia umana, essere raggiunte con fedeltà e sollecitudine, e trovare il loro necessario prolungamento, come dicevamo, nell’auspicato disarmo totale, preludio alla instaurazione di un clima .di fiducia e di rispetto tra tutti i Paesi.

INTERVENTO DEL PAPA AL CONGRESSO EUCARISTICO IN BOGOTÀ

Un’ultima parola vogliamo aggiungere, per riferirci ad un avvenimento del quale la pubblica opinione è stata informata e che essa mostra di seguire con attenzione e simpatia: il Nostro viaggio a Bogotà, in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale, che colà avrà luogo sul finire del prossimo agosto, e della seconda Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano.

Benché rapido, com’è Nostro .costume in simili casi, esso Ci consentirà di trovarci presenti di persona - come sempre lo siamo con lo spirito e con il cuore - in mezzo a popolazioni che innumerevoli e validissime ragioni rendono a Noi particolarmente dilette.

La capitale colombiana, e con essa l’intera America Latina, sarà in quei giorni come il centro del mondo cattolico, unito nella adorazione del grande Mistero Eucaristico. Anche il Papa sarà là: ad adorare il Cristo realmente presente, a pregare, a condividere le ansie, le speranze, i propositi buoni e generosi dei suoi figli di quel Continente, che si gloria del nome di cattolico e che lotta per tradurre animosamente in atto la carica magnifica di vita religiosa, di giustizia e di carità fraterna, che in quel nome è racchiusa.

Sarà, la Nostra presenza, omaggio ai secoli di vita cristiana in quelle regioni, all’opera ammirevole degli apostoli e dei Pastori che vi hanno lavorato e che vi lavorano, alla commovente rispondenza di quelle buone e ardenti popolazioni. Sarà garanzia della Nostra partecipazione ai problemi che le angustiano, specialmente a riguardo delle categorie sociali più bisognose. Sarà paterno incoraggiamento ad un’azione concorde, valorosa e ordinata per lo sviluppo spirituale e civile di quelle terre e di quelle genti, sotto il segno delle loro tradizioni cristiane e nella fedeltà, gioiosamente consapevole, alla Chiesa ed al suo insegnamento.

Nessuno più dei Membri del Sacro Collegio, testimoni e partecipi delle Nostre quotidiane sollecitudini e delle Nostre speranze, potrà comprendere con quale animo e con quali intendimenti Noi Ci accingiamo a questo pellegrinaggio di fede e a questo paterno e affettuoso incontro con tanti Nostri figli.

E qui, Signori Cardinali, poniamo termine alla rapida rassegna con la quale abbiamo voluto parteciparvi il Nostro pensiero su alcuni tra i fatti che maggiormente impegnano la Nostra azione pastorale.

Al vivo ringraziamento per l’atto cortese e per gli auguri che Ci sono stati presentati Ci è gradito aggiungere i Nostri voti cordiali per il Sacro Collegio e per il Suo degnissimo Decano con la Nostra Benedizione Apostolica.

    



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