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RIFLESSIONI DEL SANTO PADRE PAOLO VI
IN VISTA DELLE FESTE DEL «CORPUS DOMINI»
E DEL SACRO CUORE DI GESÙ

Lunedì, 2 giugno 1969

 

Diletti Figli e Figlie!

Prendiamo occasione dalle due prossime feste, quella del «Corpus Domini» e quella del Sacro Cuore di Gesù, per invitare la vostra riflessione sopra un aspetto fondamentale della rivelazione cristiana, vale a dire della comprensione che noi possiamo avere di quanto ci è stato manifestato da Cristo sulle cose divine. Diciamo con la consueta semplicità e brevità, ma toccando un tema di estrema importanza.

LA RIVELAZIONE ALL’INTELLETTO
E AL CUORE DELL’UOMO

La rivelazione delle verità religiose soprannaturali (e di altre verità naturali connesse con quelle) è avvenuta in una data maniera, ben diversa dalla presentazione d’un testo di dottrine teologiche già chiare e formulate. Essa è stata progressiva, risultante da parole e da fatti, in modo tale da invitare gli uomini a conoscere Dio, qualche cosa di Dio, per unirli a Sé e così provvedere alla loro salvezza (cfr. Dei Verbum, n. 2). Cioè la rivelazione è un’apertura su Realtà misteriose. Citiamo, fra tante, la parola di San Paolo: «A me fu dato . . . di mettere in luce per tutti quale sia il piano provvidenziale (in greco: economia; in latino: dispensatio) dell’arcano (del mistero, del Sacramento) nascosto da secoli in Dio» (Eph. 3, 9). Questa esibizione, questa presentazione, mentre è aperta, sicura, chiarissima, non è costringente, non è paragonabile a una dimostrazione scientifica, ma è offerta in maniera da rispettare la libertà dell’uomo a cui la rivelazione è presentata; non impenetrabile, non equivoca, ma ancora velata. Velata dalla natura ineffabile e trascendente, propria del pensiero divino; e velata anche dal modo con cui esso ci è presentato. Gesù lo farà Lui stesso notare a riguardo degli insegnamenti suoi, rivestiti da parabole (cfr. Marc. 4, 11; cfr. PASCAL, Pensées, 194). La verità, la realtà divina ci è manifestata per via di segni. Vi sarebbero moltissime cose da dire a questo proposito.

PENETRARE
LA PAROLA DI DIO

Ma ora una ci basta: per profittare della rivelazione occorre qualche atto anche da parte dell’uomo. Per vedere occorre aprire gli occhi. Per ricevere la rivelazione occorre credere. Credere, sotto questo aspetto, vuol dire non solo accettare passivamente e pigramente, ma scoprire; cioè cercare e penetrare nel significato della Parola di Dio, nel modo, nel velo, che la presenta e la contiene ed insieme la sottrae alla curiosità della nostra conoscenza spontanea e naturale.

Altro capitolo immenso della vita religiosa! Fermiamoci ad -una pagina di questo capitolo, che possiamo considerare riassunto di queste vitali questioni religiose. La pagina è questa: qual è la scoperta che il fedele riesce a fare cercando il senso totale e profondo della divina rivelazione? La scoperta è l’Amore. Dio si è soprattutto rivelato in Amore. Tutta la storia della salvezza è Amore. Tutto il Vangelo. Potremmo citare tante parole della Sacra Scrittura a questo riguardo. Una Ci viene alle labbra, dell’Antico Testamento: «Da lontano il Signore si è fatto vedere a me: d’un amore eterno Io ti ho amato e perciò ti ho attirato a me pieno di compassione» (Ger. 3 1, 3). Tutta l’epopea della Redenzione è Amore, è misericordia, è effusione della carità di Dio verso di noi. E la storia di Cristo è riassunta nella celebre sintesi di San Paolo: «Vivo nella fede che io ho nel Figlio di Dio, il Quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2, 20). Bisogna capire! Raccomandiamo agli spiriti attenti un’altra pagina meravigliosa dell’Apostolo: «Che voi possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza e la lunghezza, l’altezza e la profondità (noi oggi diremmo le dimensioni, e qui sono quattro!), e intendere questo amore di Cristo che sorpassa ogni scienza, affinché siate ricolmi della pienezza di Dio» (Eph. 3, 17-19).

Fermiamoci qui. Vi è, per oggi, quanto basta affinché noi possiamo celebrare le due feste, che dicevamo, dell’Eucaristia e del Sacro Cuore, quasi condotti al punto prospettico, che le offre e che ci fa gustare, se non capire, qualche cosa del loro vero senso religioso, della loro realtà superlativa e violenta: «Così Dio ha amato . . .» (cfr. Io. 3, 16).

GESÙ CI AMA
CON AMORE INFINITO

E che perciò ci tocca, ci commuove, ci sconvolge. Se uno riesce a capire d’essere stato amato; amato fino ad un grado supremo e impensabile, fino alla morte, silenziosa, gratuita, crudele e sofferta fino ad una consumazione totale (cfr. Io. 19, 30) da Chi nemmeno noi conoscevamo, e conosciutolo l’abbiamo negato e offeso, se uno, diciamo, comprende d’essere oggetto di tale amore,. di tanto amore, non può più restare tranquillo. Lo diceva anche Dante: «Amor che a nullo amato amar perdona» (Inf. 5, 103); lo dice l’inno liturgico: «Quis non amantem redamet?». Questa è l’origine del culto al Sacro Cuore di Gesù, quando sappiamo che il termine «cuore» è simbolo, segno, sintesi della nostra Redenzione, vista nella divina e umana interiorità di Cristo (cfr. l’Enciclica di Pio XII: Haurietis aquas, del 1956, in Discorsi, vol. 18, pp. 811 ss.; cfr. a riguardo del cappellano puritano di Cromwell, Thomas Goodwin, BREMOND, Hist. sent. rel., III, 641).

Gesù ci ha amati, dice il Concilio, anche «con cuore d’uomo» (Gaudium et Spes, n. 22). E come! Ecco il tema, oggi, del nostro dialogo. Figli carissimi, sapete questa cosa? vi pensate? come intendete rispondere?

Vi aiuti a rispondere con amore la Nostra Benedizione Apostolica.


DIRIGENTI DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA

Nell'udienza di stamane abbiamo la gioia di accogliere due gruppi altamente qualificati e veramente meritevoli della Nostra affettuosa stima. Sono i Presidenti Diocesani della Unione Uomini di Azione Cattolica Italiana e le Presidenti diocesane dell’Unione Donne di Azione Cattolica, convenuti a Roma per il loro annuale convegno nazionale.

Vi ringraziamo, diletti figli e figlie, del delicato pensiero con cui avete desiderato che i lavori del vostro convegno avessero in programma questo incontro col Padre Comune, per ricevere una parola di incoraggiamento e di benedizione.

Noi siamo in dovere di concedervela, questa parola, perché la meritate per tanti titoli: per il vostro zelo, per la vostra tradizionale fedeltà alla Chiesa e al Papa, per la vostra generosità, ed anche per l’argomento che ambedue i vostri Convegni hanno fatto oggetto dei loro lavori, cioè la carità. Ci è caro esprimervi. senz’altro il Nostro compiacimento per questa significativa scelta.

Di fatto, tema più necessario e urgente non si poteva proporre, nella appassionata esigenza che oggi muove tutte le organizzazioni cattoliche a riflettere sui propri programmi e a ripensare i propri metodi di azione. Nella Chiesa la carità è tutto. È il compendio della sua storia. È la legge prima e più alta del Vangelo di Cristo. Nessun altro motivo, pertanto, è più adatto a far capire l’ansia che muove la Chiesa ad accostarsi agli uomini del nostro tempo e rigenerarli cristianamente.

Questo basti a dirvi quale debba essere veramente il motore segreto di tutte le vostre attività, e quale il fuoco interiore che deve spingervi nel servizio della Chiesa. Bisogna cioè che vi sentiate come partecipi e consapevoli del suo anelito di carità per tutti gli uomini, e strumenti volitivi e capaci della sua irradiazione sempre più operosa e vasta nel mondo.

Siamo certi, perciò, che un argomento così bello e incoraggiante troverà in tutti gli uomini e le donne di Azione Cattolica Italiana eco profonda e salutare. In questo senso eleviamo a Dio la Nostra preghiera, comprendendo in un unico palpito di paterna benevolenza tutti gli iscritti alle vostre Associazioni e domandando per essi che la loro carità «abbondi ancor più in cognizione e in ogni discernimento . . . affinché siano . . . ricolmi di frutti di giustizia per Gesù Cristo, a lode e a gloria di Dio» (Phil. 1, 8-9-l 1).

Con questo auspicio impartiamo di cuore a tutti voi la confortatrice Apostolica Benedizione.

IL CENTRO GIOVANILE TURISTICO DI TORINO

Una parola di paterno compiacimento vogliamo rivolgere a voi, giovani del Comitato Provinciale del Centro Turistico di Torino, che avete voluto concludere le celebrazioni del ventesimo anniversario della vostra istituzione, con un pellegrinaggio di fede, a Roma.

Noi sappiamo che il vostro Comitato Provinciale vanta un significativo primato, quello di avere cioè studiato ed attuato nell’immediato dopoguerra, dopo le tragiche esperienze di lacerazioni e divisioni tra i popoli, un complesso di iniziative rivolte ad incrementare, nell’incontro sereno e fraterno con gli altri, i valori umani e cristiani della reciproca conoscenza e stima.

Vorremmo pure ricordare che i vari Centri Turistici Giovanili, nati dalla Federazione della Gioventù di Azione Cattolica, come espressione quindi di una esigenza di testimonianza e di apostolato, hanno contribuito ad animare cristianamente un fenomeno entrato nel costume e nelle abitudini della società contemporanea; l’esigenza cioè, che, attraverso i viaggi in altre regioni, si potesse sviluppare la «cultura universale», alla quale gli uomini di oggi, specialmente i giovani, sono particolarmente aperti e disponibili.

Voi siete ben convinti come, nell’accresciuta diffusione delle possibilità di conoscere, data dai nuovi strumenti di comunicazione culturale e sociale, il turismo ha ormai un posto di rilievo. Lo stesso Concilio Vaticano Secondo ha notato come la diminuzione più o meno generalizzata del tempo di lavoro fa aumentare di giorno in giorno le possibilità culturali per molti uomini, ed ha quindi raccomandato che «il tempo libero sia impegnato per distendere lo spirito, per fortificare la sanità dell’anima e del corpo, mediante attività e studi di libera scelta, mediante viaggi in altri Paesi (turismo), con i quali si affina lo spirito dell’uomo, e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza» (Cost. Past. Gaudium et Spes, n. 61).

Intendiamo perciò, oggi, esprimervi il Nostro plauso per le varie iniziative che, in questi venti anni, con dedizione ed intelligenza, avete svolto\nel campo del turismo giovanile, e, mentre auspichiamo che voi «collaboriate affinché le manifestazioni e attività culturali e collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnate di spirito cristiano» (Ibidem), facciamo Nostro l’invito che vi dà il Concilio, che cioè nei vostri viaggi culturali o di sollievo vi ricordiate che siete dovunque degli «araldi itineranti di Cristo», e come tali vi comportiate davvero (cfr. Decr. Apostolicam actuositatem, n. 14).

Con questi voti e in pegno della Nostra benevolenza, di cuore impartiamo la Nostra Apostolica Benedizione a voi, alle vostre famiglie e alla vostra attività.

 



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