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 DISCORSO DI SUA SANTITÀ PAOLO VI
AI COMPONENTI DEL CORPO DIPLOMATICO
ACCREDITATO PRESSO LA SANTA SEDE*

Lunedì, 12 gennaio 1970

 

Signori Ambasciatori.

A voi tutti il Nostro cordiale e rispettoso saluto, il Nostro vivo ringraziamento, il Nostro fervido augurio per il 1970. E grazie al vostro Decano, che dei pensieri e dei sentimenti del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede si è fatto gentilmente interprete con parole tanto nobili e deferenti verso la Nostra umile Persona.

La vostra presenza, che si rinnova ogni anno in questa circostanza e che Ci riesce particolarmente gradita, costituisce a suo modo un riconoscimento altamente qualificato della missione della Chiesa nel mondo. Rappresentanti di Nazioni così numerose e diverse, Voi siete come una sintesi del mondo, ed attestate che la Chiesa e la Sede Apostolica non sono estranee ai suoi molteplici e gravi problemi. E’ una testimonianza preziosa per Noi, che Ci conforta nell’adempimento delle Nostre responsabilità: una testimonianza che Ci invita a riflettere con voi su una questione oggi spesso dibattuta: ha la Santa Sede ragione di servirsi di questa forma di attività che si chiama diplomazia? Non è essa del tutto aliena dalla natura e dal fine della Chiesa? Non rischia di assimilare la Chiesa alle istituzioni e agli organismi di ordine temporale, con i quali non può e non deve essere confusa? Quando si tratta degli Stati, il problema non si pone, giacché, nonostante le forme nuove che rivestono oggi i rapporti internazionali, l’attività diplomatica resta per essi uno strumento privilegiato, consacrato da un’esperienza storica plurisecolare. Ma per la Chiesa, la cui missione è essenzialmente religiosa, è davvero giustificato il ricorso alla diplomazia?

Voi, Signori Ambasciatori, con piena cognizione di causa potete rispondere a questa questione: voi potete dire che ci sono validi motivi sia perché la Santa Sede vi riceva e tratti con voi, sia perché invii i propri Rappresentanti a svolgere analoghe funzioni presso i vostri Governi.

Effettivamente, l’attività diplomatica della Santa Sede risponde, in maniera molto appropriata agli odierni sviluppi della vita internazionale e alle presenti necessità della missione che la Chiesa deve compiere nel mondo contemporaneo, di quella missione di cui ha parlato il Concilio Valicano II, affermando solennemente che la Chiesa è chiamata a dare – e intende farlo con tutte le sue forze – un aiuto determinante alla società, rafforzando e completando l’unione dell’umana famiglia: «siccome, in forza della sua missione e della sua natura – sta scritto nella costituzione Gaudium et spes – non è legata ad alcuna particolare forma di civiltà umana o sistema politico, economico o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le varie comunità umane e le diverse nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano lealmente la vera sua libertà in ordine al compimento della sua missione» (n.42).

E’ proprio questa l’azione che intende svolgere la Santa Sede: contribuire a rendere più stretti i legami fra le Nazioni, in una leale reciprocità, attenta a riconoscere i diritti e i doveri di ciascuno. I Romani Pontefici, specialmente nell’epoca moderna e contemporanea, hanno preso sempre più viva coscienza di questa responsabilità che sgorga direttamente dalla loro missione. Ed hanno risposto a questo imperativo inerente al loro mandato: quello di interessarsi anche della società civile, non certo per ingerirsi indebitamente in campi che non sono di loro spettanza, ma per favorire il rispetto dei principi basilari della vita civile e internazionale, la giustizia verso tutti, la mutua concordia, la collaborazione tra i popoli: in una parola, per concorrere alla ricerca pacifica di quel bene comune di cui l’autorità temporale deve essere il garante, per servire e difendere la pace. Ascoltiamo ancora la Costituzione Gaudium et spes: «La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze contrastanti, ne è effetto di una dispotica dominazione, ma con tutta esattezza, si definisce ‘opera di giustizia’ (Is. 32. 17). E’ il frutto dell’ordine impresso nell’umana società dal suo Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta . . . Tuttavia la pace terrena, che nasce dall’amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo, che promana dal Padre» (78).

Potrebbe dunque Il Papa disinteressarsi di un tale compito, che parte dal cuore stesso di Dio? Potrebbe dimenticare che la pace, annunciata sulla culla di Gesù, il Cristo, nella notte santa di Betlem, deve essere in terra il riflesso della pace di Dio?

Per chiunque voglia inquadrare obiettivamente i problemi è chiaro che tutta l’attività della Chiesa nel mondo è al servizio della pace.

1) Anzitutto, della pace all’interno delle diverse comunità nazionali, aiutandole e «trionfare sull’egoismo, sull’orgoglio e sulle rivalità; a superare le ambizioni e le ingiustizie; ad aprire a tutti le vie di una vita più umana, nella quale ciascuno sia amato e aiutato come il proprio prossimo, il proprio fratello» (Populorum progressio, 32). A questa azione quotidiana dei cristiani, guidati dai Pastori responsabili, i rappresentanti della Santa Sede, nell’esercizio della loro missione, danno un contributo assai efficace, al tempo stesso che aiutano le chiese locali a stringere i loro legami con Noi. In tale modo si può dare un prezioso apporto alla promozione umana nei suoi diversi aspetti: spirituale, morale, culturale, sociale. Così si favorisce lo sviluppo del Paese. Così si costruisce la società di domani, nel dinamico equilibrio dei gruppi che la compongono. Nell’ambito della sua competenza, con un disinteresse evangelico, il Rappresentante della Santa Sede appoggia le iniziative che tendono a questa educazione delle comunità, delle famiglie, delle persone. A tale missione corrisponde, Signori Ambasciatori, la vostra attività, ben diversa, come abbiamo detto, da quella diplomatica presso ogni altro Stato, e rivolta essa pure a stabilire la pace, mantenendo continui contatti, sempre altamente apprezzati, siatene certi, con questa Sede Apostolica.

2) Questa azione al servizio della pace si estende anche alla pace esterna, internazionale, rivolgendosi ad eliminare contese di ogni genere tra i popoli. Su questo punto, l’attività della Santa Sede vorrebbe portare tutto l’aiuto che le è possibile. Essa permette al Papa di non limitarsi a fare dichiarazioni di principio, ad enunciare affermazioni solenni ma puramente teoriche, bensì d’intervenire sul piano concreto dell’azione a favore della pace, anche tra le parti in dissidio. Così ha fatto il Nostro Predecessore Pio XII nella tragica guerra mondiale che ha sconvolto il mondo: e i documenti che si stanno pubblicando al riguardo ne sono la prova più convincente; così ha fatto Giovanni XXIII di v.m. nei momenti di grave tensione internazionale, offrendo la sua altissima mediazione; così cerchiamo modestamente di fare Noi stessi nelle guerre che continuano, purtroppo, a compiere le loro stragi. Tutto ciò è stato ed è possibile grazie ai mezzi offerti dall’attività diplomatica. E anche qui, Signori Ambasciatori, quale prezioso aiuto viene al Papa dalla vostra collaborazione, che è talora tramite insostituibile per il raggiungimento di tali nobilissime e urgenti finalità!.

L’attività diplomatica consente pertanto alla Santa Sede d’intervenire sul piano internazionale, aiutando gli sforzi fatti perché la comunità delle varie Nazioni possa felicemente affermarsi, contribuendo ad assicurare a tali sforzi quel contenuto etico e spirituale senza cui essi sarebbero destinati ai fallimento; mantenendosi equidistante da ogni parzialità ed esagerazione. Per compiere la sua missione, la Chiesa usa anche mezzi che assumono oggi nuove espressioni, in particolare nei suoi rapporti con gli Organismi internazionali, sempre perseguendo il fine che le é proprio – la salvezza spirituale degli uomini –, essa si adopera altresì per promuovere la dignità della persona e il progresso dei popoli nella giustizia e nella pace. I suoi contatti qualificati nel campo internazionale permettono alla Santa Sede di far meglio sentire la propria voce, di fare meglio valere i propri suggerimenti, e di trattare con coloro che hanno in mano le sorti dei popoli in posizione di mutuo rispetto.

Il completo, radicale disinteresse di tale attività per tutto ciò che potrebbe avere un fine temporale e territoriale propri, e la totale sua dedizione ai problemi della vita dell’umanità, sono favoriti anche visibilmente dalla natura e dalla fisionomia universale, cattolica e soprannazionale della Chiesa e della Sede Apostolica. Vorremmo che in questo campo si manifestasse sempre più chiaramente quella povertà evangelica che é per noi legge del nostro divino Maestro. E vorremmo anche che voi, Signori Ambasciatori, foste ben consapevoli che quando la Sede Apostolica agisce per gli scopi che abbiamo indicato, non la muovono calcolate e occulte considerazioni di proprio tornaconto e di potenza, ma il servizio della giustizia, della pace e della comunità internazionale. Ed anche quando mantiene un leale dialogo con gli Stati in vista del riconoscimento dei diritti e della libertà della Chiesa, la Santa Sede non ambisce a privilegi o ad interessi egoistici, ma agisce a servizio e a beneficio dell’uomo, soggetto comune della società civile e della Chiesa, e a vantaggio morale degli Stati in cui lavora la comunità religiosa fondata da Cristo Signore.

Esperta in umanità, conoscitrice di ciò che vi è nel cuore dell’uomo, fautrice di un e aperto al trascendente, la Chiesa stabilisce contatti adeguati e fecondi con la vostra diplomazia, per aiutare il mondo moderno a risolvere le sue contraddizioni e a realizzare la sua dinamica e costruttiva pace, centrata sul riconoscimento e sulla promozione dei valori umani, personali e sociali.

Lasciateci dire, al termine di questo incontro, quanto apprezziamo il vostro nobile lavoro e la intelligente e generosa collaborazione che prestate alla Nostra attività, a beneficio delle vostre rispettive Nazioni e della pace mondiale. Di proficui sforzi comuni questo incontro augurale è certamente un simbolo altamente significativo. Ne raccogliamo volentieri il salutare valore, per Noi di stimolo, per Voi di ogni lieto auspicio, invocando sulle vostre persone, sulle vostre famiglie e sulle dilette Nazioni che rappresentate, l’aiuto costante della divina assistenza.

Ed ora, permettete che aggiungiamo ancora una parola a quanto abbiamo appena detto in questa circostanza particolare. I dolorosi avvenimenti di questi ultimi giorni, che hanno per teatro le terre d’Africa a Noi tanto care, sollecitano tutti gli uomini di buona volontà a tentare l’impossibile per evitare che il conflitto nigeriano – che sembra volgere alla fine – divenga una spaventosa tragedia e termini con un epilogo ancor più crudele dell’orrore che ogni guerra comporta.

Noi stessi nel Nostro recente viaggio in Africa, e in ogni occasione, abbiamo fatto ciò che potevamo per risparmiare vite umane e promuovere un negoziato pacifico. Mai abbiamo mancato di assistere e soccorrere con tutti i mezzi a Nostra disposizione, gli affamati e i necessitati. Voi potete comprendere con quanta emozione dirigiamo questo appello a voi, Signori Ambasciatori, e per vostro mezzo a tutti i vostri Governi, affinché il premuroso concorso di tutti gli uomini di buona volontà riesca ad impedire nuovi spargimenti di sangue e a risparmiare le vite innocenti nel rispetto del diritto internazionale. Noi sappiamo che le Autorità nigeriane hanno nuovamente manifestato la loro volontà di assicurare a tutti, anche di parte avversa, il rispetto dei diritti umani e civili, così come già da tempo avevano chiesto la presenza di alcuni Osservatori di diverse Nazioni e di Organizzazioni Internazionali: ciò rappresenta già un buon presagio ed una felice promessa. Che la storia possa domani testimoniare la magnanimità di tutti coloro che avranno preso parte a questi decisivi avvenimenti. La Santa Sede è disposta a dare tutto il suo contributo per rendere umana questa dolorosa situazione, e a tale scopo è pronta a mettere in opera tutti i mezzi di cui dispone. Tacciano finalmente le armi, ed alta si faccia udire la voce della solidarietà e della carità! Possano gli sforzi dei popoli generosi e la nostra preghiera al Dio della pace attirare sulla terra africana questi doni preziosi.


*L’Osservatore Romano, 12-13.1.1970, p.2.



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