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DISCORSO DI PAOLO VI
AI RELIGIOSI DELL'ATENEO SALESIANO

Sabato, 3 aprile 1971

 

Figli carissimi,

Siamo lieti di dedicare anche a voi, questa mattina, un poco del nostro tempo, purtroppo così scarso, per rivolgervi il nostro saluto e il nostro augurio. Ve lo dedichiamo di gran cuore, perché vi è dovuto per un duplice titolo: siete sacerdoti novelli, e per di più salesiani, membri cioè di una famiglia religiosa a cui ci legano tanti dolci ricordi e tanti vincoli di affetto e di stima.

È naturale che una bella e confidente circostanza come questa susciti in noi un’onda di sentimenti a cui possiamo appena accennare, ma che voi potrete facilmente intuire.

Nel ricevervi insieme ai Superiori che vi hanno guidato all’Altare e circondati dai vostri familiari esultanti e commossi nel vedervi giunti ormai al traguardo sospirato del sacerdozio, ci pare di leggere nei vostri cuori un desiderio che Iddio non ha certamente mancato di accendere nella trepida vigilia della vostra ordinazione: il desiderio di sapere che cosa la Chiesa oggi attende da voi, affinché possiate vivere in maniera piena, efficace ed autentica la totale donazione di voi stessi al Signore e alle anime.

Crediamo dovervi rispondere ricordando a voi le parole rivolte da Gesù ai suoi apostoli nell’ultima cena: «Manete in dilectione mea» (Io. 15, 9). Questo invito esprime il culmine delle aspirazioni del Signore nei riguardi dei suoi sacerdoti. Ecco allora la consegna che vi affidiamo: coltivate, figli carissimi, l’intimità con Cristo attraverso una sincera e profonda vita interiore. È il primo e il più dolce dovere della vostra vita sacerdotale. È l’atteggiamento più caratteristico di chi ha ricevuto l’investitura sacramentale di «dispensatore dei misteri di Dio» (1 Cor. 4, 1). È la logica risposta a chi vi ha prescelto, con un singolare atto di amore, ad essere suoi amici (Cfr. Io. 15, 16) e ha chiesto le vostre vite, i vostri talenti, la vostra intera disponibilità, per servirsi di voi come suoi vivi strumenti, come i canali della sua grazia, come i trasmettitori dei suoi esempi e della sua parola, come il suo prolungamento nel mondo.

Non abbiate mai a credere che l’anelito all’intimo colloquio con Cristo arresti o rallenti il dinamismo del vostro ministero; ritardi cioè lo svolgimento del vostro apostolato esteriore, o fors’anche serva di pretesto per non impegnarsi a fondo nel servizio degli altri e per sottrarsi alle proprie responsabilità terrene. È vero esattamente il contrario. Ciò che si dà a Dio non è mai perduto per l’uomo; è stimolo anzi all’azione e sorgente feconda di energie apostoliche. Ve ne dà luminosa conferma il vostro santo Fondatore. Non si comprenderebbe infatti l’apostolato sociale di S. Giovanni Bosco, se non si riconoscesse che proprio dalla sua vita interiore traeva alimento quel suo ardente zelo che lo ha impegnato in un’attività davvero prodigiosa a servizio degli altri.

Purtroppo nel momento che la Chiesa sta attraversando, voci insidiose si avvertono che tendono a misconoscere il primato di Dio nella vita e nella azione del sacerdote. E ciò si fa in nome di un adeguamento ai tempi che è invece conformità allo spirito del mondo, sollevando dubbi e incertezze sulla vera natura del sacerdozio, sulle sue primarie funzioni, sulla sua giusta collocazione in seno alla società.

Figli carissimi, noi vi ripetiamo con nostro Signore: «Non turbetur cor vestrum» (Io. 14, 1, 27). Non lasciatevi suggestionare da teorie e da esempi che mettono in dubbio la vostra fede, le vostre scelte, la vostra irrevocabile dedizione a Dio. Le profonde esigenze della spiritualità e del ministero sacerdotale restano, nella loro sostanza, immutate nei secoli, e domani come oggi si chiameranno: unione con Dio, amore alla croce, distacco dai beni della terra, spirito di preghiera, generosa e vigilante castità, ubbidienza piena ai rappresentanti di Dio e dedizione totale al servizio del prossimo.

È questo lo spirito di S. Giovanni Bosco. Ed è questa la testimonianza che la grande famiglia salesiana continua a dare nel mondo, infaticabile nello zelo e santamente fiera di riporre nell’amore e nell’obbedienza al Papa la sua nota distintiva e il suo più bel titolo di gloria. Questa stessa testimonianza la Chiesa oggi richiede da voi, giovani carissimi. Offritela sempre franca ed aperta, fattiva e semplice, ed in serenità e letizia, sulle orme del vostro Fondatore. Ed è bello che questo impegno sia riaffermato da voi qui davanti al Papa, all’alba del vostro sacerdozio, così pieno di tante promesse per il domani del vostro Istituto.

Noi vi incoraggiamo dunque a prendere il vostro posto nella Chiesa con spirito di fede e di sacrificio. Pregheremo per voi, affinché i vostri santi propositi non vengano mai meno e vi attestiamo la Nostra benevolenza con una particolare Apostolica Benedizione, che estendiamo volentieri ai vostri Superiori e a tutti i vostri familiari.



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