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DISCORSO DI PAOLO VI
DURANTE LA «VIA CRUCIS» DAL COLOSSEO AL PALATINO

Venerdì Santo, 9 aprile 1971

 

Questo cammino con la Croce e verso la Croce potrebbe non finire più, se Noi volessimo seguire il filo dei formidabili pensieri, ai quali esso ci porta; e dovremmo rimanere assorti, a capo chino, a meditare che cosa è tragedia, che cosa è eroismo, che cosa è peccato, che cosa è sacrificio, che cosa è dolore, che cosa è morte, che cosa è duello fra il male e il bene, che cosa è redenzione, che cosa è morire per vivere . . . Che cosa è la Croce di Cristo.

Scegliamo, a conclusione della Nostra Via Crucis, il pensiero più semplice. Più che un pensiero è un sentimento: la compassione, di cui abbiamo cantato ora nell’inno «Stabat Mater» le strofe dolorose.

Si direbbe che la Croce, la sua scena crudele, la sua storia disonorante, avesse a fare il vuoto d’intorno a sé, a respingere gli uomini dalla sua contemplazione. Invece, com’è stato accennato nei commenti alle penose Stazioni di questo triste e pio pellegrinaggio, la Croce ci attrae. L’aveva predetto Gesù stesso: «Quando io sarò esaltato da terra, tutti io trarrò a me » (Io. 12, 32 ); Gesù crocifisso, per chi non disdegna di rivolgergli lo sguardo (Cfr. Io. 19, 37), esercita un fascino misterioso. Di questo fascino noi dobbiamo conservare il ricordo, questa sera sperimentato, la segreta attrattiva.

Perché ci attira Gesù Crocifisso? Oh, come scende profonda nei nostri animi questa domanda! Pare a Noi che il primo motivo sia la solidarietà, la parentela, la simpatia, che Egli, soffrendo e morendo in croce, ha stabilito con ogni uomo che soffre. Guardando a Lui, ci pare di riascoltare il suo umanissimo invito: «Venite, venite a me voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed io vi consolerò» (Matth. 11, 28). La sentiamo noi questa voce, che esce dalle labbra morenti di Cristo? Siamo tutti, in modo ed in grado diverso, siamo tutti sofferenti; non sentiamo forse l’invito che a sé ci chiama dell’ «Uomo che conosce il soffrire»? (Is. 53, 3) Il dolore, che nel mondo naturale è un isolante, per Gesù è un punto d’incontro, è una comunione. Ci pensate, Fratelli? Voi ammalati, voi disgraziati, voi moribondi? Ci pensate voi uomini aggravati dalla fatica, dal lavoro? Voi, resi oppressi e solitari dalle prove e dalle responsabilità della vita? Tutti vi possono mancare, Gesù in croce no, Egli è con voi.

Egli è con noi. Di più: Egli è per noi! Perché agonizza e muore Gesù? Pensiamo! È il grande mistero della Croce: Gesù soffre per noi! Egli espia per noi. Egli è vittima. Egli condivide il male fisico dell’uomo per guarirlo dal male morale, per annullare in sé i nostri peccati.

Uomini senza speranza! Uomini, che vi illudete di riacquistare la pace della coscienza soffocando in fondo ad essa i vostri rimorsi inestinguibili (tutti noi peccatori ne abbiamo; ne dobbiamo avere, se siamo veri uomini), perché voltate le spalle alla Croce? Abbiamo tutti il coraggio di rivolgerci verso di essa, e di riconoscerci in essa colpevoli; abbiamo la fiducia di sostenere la visione della sua figura misteriosa: essa ci parla di misericordia, ci parla di amore, di risurrezione! Essa irradia per noi la salvezza!

COSTANTI SOLLECITUDINI PER LA TERRA SANTA

Qui, Fratelli e Figli, Noi ci vorremmo congedare da voi, se proprio il ricordo, quasi l’immagine sensibile del Calvario, non ci suggerisse di richiamare al vostro pensiero e alla vostra preghiera il luogo benedetto, dove Cristo consumò il proprio sacrificio redentore, la Terra di Gesù, dove non ancora soffia il vento benigno della pace.

La predicazione del Signore, voi sapete, e gli atti con cui Egli ha redento il mondo si sono svolti in quella Terra da Lui scelta tra tutte, incarnandosi, come sua patria. Per questo noi parliamo di Terra Santa e consideriamo Gerusalemme come Città Santa, la città, cioè, della Pasqua, della Passione, della Morte e della Risurrezione di Cristo, e della Pentecoste.

A questa Terra Santa sempre torneranno, a lenire la loro sete di amore e di sapere, studiosi, asceti, pellegrini e penitenti. Perché essa è strettamente unita alla personalità stessa del Salvatore e ne rende più vivi e più chiari gli insegnamenti.

Sono parole di Gesù: «. . . e mi sarete testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea e Samaria e fino all’estremità della terra» (Act. 1, 8). Ecco Gerusalemme posta come prima tappa della testimonianza degli Apostoli e della chiamata del Signore rivolta alla umanità.

Oggi noi dobbiamo guardare con affettuosa premura le comunità cristiane di quella Terra Santa, già tanto provate nel corso della storia, quei nostri Fratelli, che vivono dove è vissuto Gesù, e che, attorno ai Luoghi Santi, sono i successori dell’antica primissima Chiesa, che ha dato origine a tutte le altre Chiese.

Desideriamo mandare loro un saluto e assicurarli del nostro affetto e della simpatia dei cristiani sparsi nel mondo. Quei nostri Fratelli continuano ad aver bisogno, più che non mai, del nostro sostegno spirituale, morale e materiale. Gli aiuti, che il mondo cristiano non ha mai lasciato mancare ai fratelli in Gerusalemme e in Palestina, non servono solo a mantenere gli edifici materiali, che ricordano i grandi misteri della redenzione, ma anche a sostenere le opere religiose e sociali, necessarie per animare la vita comunitaria e a sovvenire agli indigenti, ai quali l’aiuto viene dato senza discriminazione.

Abbiamo un esempio da imitare: quello di San Paolo, che, scrivendo ai Corinti, si preoccupava delle condizioni di vita dei «santi» in Gerusalemme (1 Cor. 16, 1-4). Possano il nostro ricordo, il nostro saluto, il nostro aiuto confortare i nostri Fratelli della Terra Santa. E a loro, a voi qui presenti, e a quanti ascoltano in questo momento la Nostra voce daremo ora la Benedizione Apostolica.

* * *

También para todos vosotros, amadísimos hijos de los Países de lengua española, queremos que nuestras palabras sean corno un eco de las del Señor en el Calvario.

La imagen de Cristo Crucificado nos debe atraer irresistiblemente y marcar con su amor nuestras vidas, para que siguiéndole por el camino de la Cruz, podamos acompañarle luego en la mañana luminosa de la Resurrección.

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Chegue, igualmente, aos fiéis de lingua portuguésa, que Nos seguem, irmanados na emoção do mistério evocado, o apelo de Jesus : o maior amor que existe é dar vida pelos amigos; e «vós sois meus amigos».

Para corresponder a tal amor, hemos de ter em nós os mesmos sentimentos de Cristo, corno fruto da Páscoa do Senhor.



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