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DICHIARAZIONE COMUNE DI SUA SANTITÀ PAPA PAOLO VI
E DELL’ARCIVESCOVO DI CANTERBURY,
SUA GRAZIA FREDERICK DONALD COGGAN

Venerdì, 29 aprile 1977

 

1) Dopo quattrocento anni di distacco, questa t la terza volta, in diciassette anni, the un Arcivescovo di Canterbury e il Papa si scambiano l’abbraccio dell’amicizia cristiana nella città di Roma. Sono passati undici anni dalla visita dell’Arcivescovo Ramsey e molte case sono avvenute in questo periodo, le quali ci hanno portati a realizzare le speranze allora espresse e a rendere grazie a Dio.

2) Da quando la Chiesa Cattolica Romana e le Chiese the formano la Comunione Anglicana hanno cercato di crescere nella mutua intesa e nell’amore cristiano, esse sono giunte a riconoscere, valutare e rendere grazie per una comune fede in Dio nostro Padre, nel nostro Signore Gesti Cristo e nello Spirito Santo; per il nostro comune battesimo in Cristo; per la nostra partecipazione alle Sacre Scritture, ai Simboli apostolico e niceno, alla definizione calcedonense e all’insegnamento dei Padri; per la nostra comune e plurisecolare eredità cristiana con le sue viventi tradizioni di liturgia, teologia, spiritualità e missione.

3) Nel medesimo tempo, in adempimento dell’impegno assunto undici anni fa per «un serio dialogo che, fondato sui Vangeli e sulle antiche tradizioni comuni, conduca a quella unità nella Verità per cui Cristo pregò» (Dichiarazione Comune, PPVI/ABC, 1966), i teologi Anglicani e Cattolici Romani hanno affrontato, con serenità ed obiettività, le differenze storiche e dottrinali, che ci hanno diviso. Senza compromettere le loro rispettive autorità, essi hanno studiato questi problemi insieme e nel procedere hanno riscoperto convergenze teologiche tanto felici, quanto inaspettate.

4) La Commissione Internazionale Anglicano-Cattolica ha redatto tre documenti: sulla Eucaristia, su Ministero e Ordinazione e su Chiesa e Autorità. Raccomandiamo ora che l’opera da essa iniziata, sia portata avanti mediante procedure appropriate alle nostre rispettive comunioni così che ambedue siano condotte lungo il cammino verso l’unità. Verrà presto il momento in cui le rispettive Autorità dovranno valutare le conclusioni.

5) La risposta delle due comunioni all’opera e ai frutti del dialogo teologico sarà vagliata dalla concreta risposta dei fedeli al compito della restaurazione dell’unità, che, come dice il Concilio Vaticano II, «riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i Pastori, e ognuno secondo la propria capacità» (Unitatis Redintegratio, 5). Siamo lieti che questa risposta pratica si sia già manifestata in tante forme di cooperazione pastorale in tante parti del mondo: negli incontri di Vescovi, di clero e di fedeli.

6) Nei matrimoni misti tra Anglicani e Cattolici, dove la tragedia della nostra separazione nel sacramento dell’unione è sentita molto fortemente, la cooperazione nella cura pastorale (Matrimonia Mixta. 14) in molti luoghi ha prodotto frutti di accresciuta intesa. Un dialogo serio ha dissipato molti malintesi ed ha mostrato che noi ancora possediamo insieme molte cose che sono profondamente radicate nella tradizione e nell’ideale cristiani del matrimonio, sebbene persistano importanti differenze, soprattutto a riguardo della seconde nozze dei divorziati. Noi stiamo seguendo con attenzione il lavoro finora compiuto in questo dialogo dalla Commissione mista sulla Teologia del Matrimonio e la sua applicazione ai Matrimoni misti. Esso ha messo in rilievo la necessità della fedeltà e della testimonianza verso l’ideale del matrimonio, manifestato nel Nuovo Testamento e costantemente insegnato nella tradizione cristiana. Noi abbiamo un dovere comune di difendere questa tradizione e questo ideale e i valori morali che ne derivano.

7) Tutta questa cooperazione, che deve continuare a crescere e ad espandersi, costituisce la vera base per un continuo dialogo e per la generale estensione e valutazione dei suoi frutti, e parimenti per un progresso verso quello scopo che è voluto da Cristo, cioè il ristabilimento della completa comunione nella fede e nella vita sacramentale.

8) A sospingerci ad esso è la stessa sublime vocazione cristiana che è un invito alla comunione; secondo quanto dice San Giovanni «quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perche anche voi siate in comunione con noi; e la nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Io. 1, 3). Se noi vogliamo continuare a segnare dei progressi nella convergenza dottrinale e andare avanti risolutamente verso la comunione di mente e di cuore per la quale Cristo pregò, noi dobbiamo esaminare ancora più a fondo le sue intenzioni e affrontare con coraggio tutte le loro esigenze.

9) È questa comunione con Dio in Cristo, attraverso la fede, il battesimo e la nostra dedizione a Lui, che sta al centro della nostra testimonianza al mondo, anche quando tra noi la comunione resta imperfetta. Le nostre divisioni ostacolano questa testimonianza, ostacolano l’opera di Cristo (PAULI PP. VI Evangelii Nuntiandi, 77) ma esse non sbarrano tutte le strade che noi possiamo percorrere insieme. In uno spirito di preghiera e di sottomissione alla volontà di Dio noi dobbiamo collaborare con maggior impegno in «una più larga testimonianza comune a Cristo di fronte al mondo nella stessa opera di evangelizzazione» (Ibid.). È nostro desiderio che siano cercati i mezzi di tale collaborazione, perché la crescente fame spirituale sentita in tutte le parti del mondo creato da Dio, ci invita a tale comune cammino.

Questa collaborazione portata fino al limite consentito dalla verità e dalla lealtà, creerà il clima nel quale il dialogo e la convergenza dottrinale potranno produrre frutto. Mentre questo frutto va maturando, restano seri ostacoli sia del passato sia di origine recente. In entrambe le comunioni molti si chiedono se abbiano una comune fede sufficiente a tradursi in comunione di vita, di culto e di missione. Soltanto le stesse comunioni, attraverso le loro autorità pastorali, possono dare quella risposta. Quando arriverà il momento per fare questo, possa la risposta splendere luminosa in spirito e verità, non oscurata dalle ostilità, dai pregiudizi e dai sospetti del passato.

10) A questa mèta noi non possiamo fare a meno di tendere con tutto il nostro animo, non risparmiando alcuno sforzo per renderla più vicina: essere battezzati in Cristo è essere battezzati nella speranza, «e la speranza non delude perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rom. 5, 5).

11) La speranza cristiana si manifesta nella preghiera e nell’azione, nella prudenza ma anche nel coraggio. Noi stessi c’impegniamo ed esortiamo i fedeli della Chiesa Cattolica Romana e della Comunione Anglicana a vivere e operare con coraggio in questa speranza della riconciliazione e dell’unità nel nostro comune Signore.

                         



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