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ENCICLICA
ARCANO DIVINAE
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX

 

A tutti i Vescovi delle Chiese di Rito orientale non in comunione con la Sede Apostolica.
Il Papa Pio IX.

Insediati in questa eccelsa Cattedra per un misterioso disegno della Divina Provvidenza, sia pure senza alcun merito da parte Nostra, eredi del Beatissimo Principe degli Apostoli che, “in forza della prerogativa a lui assegnata da Dio, è la ferma e incrollabile pietra sulla quale il Salvatore edificò la Chiesa” [S. Greg. Nyssen., Laudatio altera S. Steph. Protomart. apud Galland. VI, 600], incalzati dall’impegno a Noi affidato, siamo mossi dal profondo desiderio di far giungere il Nostro interessamento a tutti coloro che, in qualunque parte della terra, si riconoscono nel nome di cristiano, e di spingerli all’abbraccio della paterna carità. Non possiamo infatti, senza grave danno della Nostra anima, trascurare alcuna porzione del popolo cristiano il quale, redento dal preziosissimo Sangue del Nostro Salvatore e raccolto nel gregge del Signore per mezzo delle sante acque battesimali, rivendica a buon diritto tutta la Nostra attenzione. Dovendo dunque rivolgere senza sosta tutta la Nostra preoccupazione e i Nostri pensieri a procurare la salvezza di chiunque professa e adora Gesù Cristo, abbiamo rivolto il Nostro sguardo e i Nostri sentimenti paterni a codeste Chiese che, strettamente legate un tempo a questa Sede Apostolica dal vincolo dell’unità, splendevano per la grande santità e per la magnificenza della celeste dottrina, e producevano copiosi frutti per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime. Ora invece, per le arti malefiche e per gli intrighi di colui che per primo diede vita ad uno scisma in cielo, esse si trovano, con sommo Nostro cordoglio, separate e divise dalla comunione con la Santa Romana Chiesa, che è diffusa su tutta la terra.

Proprio per questo motivo, fin dall’inizio del Nostro Supremo Pontificato, abbiamo rivolto a Voi, con vivi sentimenti di affetto, parole di pace e di carità [Epist. ad Orientales In suprema, die 6 Ianuarii anno 1848]. Quantunque queste Nostre parole non abbiano in alcun modo conseguito l’esito che Ci ripromettevamo con tutto il cuore, tuttavia non abbiamo mai perso la speranza che l’Autore della salvezza e della pace, ricolmo di clemenza e di benignità, potesse un giorno degnarsi, di accogliere con favore le Nostre umili e fervide preghiere. È Lui infatti che “operò la salvezza nel mezzo della terra; apparendo dall’alto e mostrando la pace a Lui gradita, che doveva essere accolta da tutti, nel momento della Sua nascita l’annunciò agli uomini di buona volontà per mezzo degli Angeli; dimorando tra gli uomini, la illustrò con la parola e la predicò con l’esempio” [Epist. B. Gregorii ad Michaelem Palaeologum, Graec. Imper., die 24 Octobris an. 1272].

Poiché dunque recentemente, con il consiglio dei Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, abbiamo indetto e convocato un Sinodo Ecumenico da celebrare in Roma nel prossimo anno con inizio l’otto dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria Madre di Dio, indirizziamo nuovamente a Voi la Nostra parola e con il più grande fervore possibile del Nostro animo Vi scongiuriamo, Vi esortiamo e Vi supplichiamo a voler presenziare a questo Sinodo generale, come i Vostri Antenati intervennero al secondo Concilio di Lione, tenuto dal Beato Gregorio X, Nostro Predecessore di venerata memoria, e a quello di Firenze, celebrato dal Nostro Predecessore Eugenio IV di felice memoria, perché, rinnovate le leggi dell’antico rapporto e richiamata nuovamente in vita la concordia dei Padri [Epist. LXX, al. CCXX S. Basilii Magni ad S. Damasum Papam], dono salutare e divino che col tempo si è inaridito, dopo una così lunga notte di afflizione e le luttuose e squallide tenebre di un dissidio senza fine, rifulga per tutti la splendida luce della desiderata unione [Defin. S. Oecum. Synodi Florent., in Bulla Eugenii IV, Laetentur Caeli].

Sia questo dunque il soavissimo frutto di benedizione, con il quale Cristo Gesù, Signore e Redentore di tutti noi, consoli la sua immacolata e amatissima Sposa, la Chiesa, lenisca e asciughi le sue lacrime in questi tempi segnati da aspri contrasti affinché dopo aver totalmente rimosso ogni divisione, le voci già discordi, in perfetta sintonia di spirito, lodino Dio che non tollera l’esistenza di scismi tra noi, ma ci ordina con la voce dell’Apostolo di mantenere l’unanimità delle parole e dei sentimenti. Saranno innalzate grazie senza fine al Padre delle misericordie da parte di tutti i suoi Santi, ma in modo particolare da quei gloriosissimi antichi Padri e Dottori delle Chiese Orientali, quando potranno contemplare dal cielo che è stata attuata e ripristinata la comunione con questa Sede Apostolica, centro della verità e dell’unità cattolica. Essi infatti nel corso della loro vita terrena si preoccuparono, con ogni cura e con indefessa attività, di sostenere e di promuovere tale unità ogni giorno di più, sia con l’insegnamento, sia con l’esempio, avendo preso dimora nei loro cuori, per mezzo dello Spirito Santo, la carità di Colui che rimosse la parete di macerie e, per mezzo del Suo Sangue, riconciliò e pacificò tutte le cose, volle come segno di distinzione dei Suoi discepoli l’unità e rivolse al Padre questa preghiera: “Prego perché siano tutti una sola cosa, come Noi siamo una cosa sola”.

Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 settembre 1868, ventitreesimo anno del Nostro Pontificato.

 



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