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PIO XII

UDIENZA GENERALE*

Mercoledì, 21 ottobre 1942

 

La fedeltà coniugale: I. Bellezza della fedeltà

A luce così pura che brilla nei vostri occhi, diletti sposi novelli, manifesta a tutti gli sguardi la gioia santa che inonda i vostri cuori, la letizia di esservi donati l'uno all'altra per sempre. Per sempre! Noi abbiamo insistito su questo pensiero, quando ad altre giovani coppie, che vi hanno preceduto intorno a Noi, parlavamo della indissolubilità del matrimonio. Tuttavia, lungi dall'aver esaurito l'argomento, non ne abbiamo ancora che sfiorato la superficie. Noi vorremmo perciò penetrarlo più profondamente, più intimamente, parlandovi di quella gemma, che è la fedeltà coniugale, di cui Ci restringeremo oggi a farvi apprezzare la bellezza e gustare l'incanto.

Come contratto indissolubile, il matrimonio ha la forza di costituire e vincolare gli sposi in un stato sociale e religioso, di carattere legittimo e perpetuo, con questa superiorità su tutti gli altri contratti, che nessuna potestà al mondo — nel senso e nell'ambito da Noi altra volta esposti — vale a rescinderlo. Invano una delle parti pretenderebbe di svincolarsene: il patto violato, rinnegato, lacerato, non rallenta la sua stretta : esso continua ad obbligare con lo stesso vigore, come il giorno in cui il consenso dei contraenti lo suggellò davanti a Dio : nemmeno la vittima può essere sciolta dal legame sacro che la unisce a colui o a colei che l'ha tradita. Quel legame non si snoda, o piuttosto, non si rompe, se non con la morte.

Ciò nondimento, la fedeltà dice qualche cosa di ancor più potente, di ancor più profondo, ma altresì di più delicato e di infinitamente più dolce. Giacché, unendo il contratto matrimoniale gli sposi in una comunanza di vita sociale e religiosa, occorre che esso determini con esattezza i limiti entro i quali obbliga, che ricordi la possibilità di una coazione esteriore a cui l'una delle parti può ricorrere per costringere l'altra all'adempimento dei doveri liberamente assunti. Ma, mentre queste determinazioni giuridiche, che sono come il corpo materiale del contratto, danno ad esso necessariamente quasi un freddo aspetto formale, la fedeltà ne è come l'anima e il cuore, la prova aperta, il testimonio palese.

Quantunque più esigente, la fedeltà tramuta in dolcezza ciò che la precisione giuridica sembrava imprimere al contratto di rigoroso e di austero. Sì, più esigente; perché essa giudica infedele e spergiuro non solo chi attenta col divorzio, per altro indarno e senza effetto, alla indissolubilità del matrimonio, ma altresì chi, pur senza distruggere materialmente il focolare da lui fondato, pur continuando la comunanza del vivere coniugale, si permette di allacciare e mantenere parallelamente un altro criminoso legame; infedele e spergiuro chi, pur senza stringere alcuna illecita relazione durevole, dispone, anche una sola volta, per l'altrui piacere o per la propria egoistica e peccaminosa soddisfazione, di un corpo — per usare la espressione di S. Paolo (1Cor. 7, 4) — sul quale ha solo diritto lo sposo o la sposa legittima. Più esigente ancora e più delicata di questa stretta fedeltà naturale, la vera fedeltà cristiana signoreggia e si avanza più oltre: essa regna e impera, amorosamente sovrana, su tutta l'ampiezza del dominio regale dell'amore.

Infatti che è mai la fedeltà se non il religioso rispetto del dono, che ognuno degli sposi ha fatto all'altro, dono di sé, del suo corpo, della sua mente, del suo cuore, per il corso della vita intiera, senza altra riserva che i diritti sacri di Dio?

1. La freschezza della gioventù in fiore, la onesta eleganza, la spontaneità e la delicatezza dei modi, la bontà interiore dell'animo, tutte queste buone e belle attrattive, che plasmano il fascino indefinibile della fanciulla candida e pura, hanno conquistato il cuore del giovane, e lo hanno tanto inclinato verso di lei con lo slancio di un amore ardente e casto, da cercare invano in tutta la natura una immagine che al paragone valga ad esprimere un incanto così squisito. Alla sua volta la fanciulla ha amato la bellezza virile, lo sguardo fiero e retto, il passo fermo e risoluto dell'uomo, sul cui braccio vigoroso appoggerà al fianco di lui la sua mano delicata lungo il cammino aspro della vita.

In questa primavera radiosa l'amore sapeva esercitare sugli occhi il suo potere affascinante, dare agli atti più insignificanti uno smagliante splendore, velare o trasfigurare le più manifeste imperfezioni. Quando la promessa, al mutarsi in fatto, è stata scambiata dinanzi a Dio, gli sposi si sono donati l'uno all'altra nella gioia, naturale ma santificata, della loro unione, con la nobile ambizione di una rigogliosa fecondità. È questa forse già la fedeltà in tutto il suo fulgore? No: essa non ha fatto ancora le sue prove.

Ma gli anni, passando sopra la bellezza e i sogni della gioventù, le hanno rapito qualche poco della sua freschezza, per darle in cambio una dignità più austera e pensosa. La famiglia, crescendo, ha reso più faticoso il peso che grava sulle spalle del padre. La maternità, coi suoi travagli, le sue sofferenze, i suoi rischi, chiede ed esige coraggio: la sposa sul campo d'onore del dovere coniugale non ha da essere e dimostrarsi meno eroica che lo sposo sul campo d'onore del dovere civile, dove fa alla patria il dono della sua vita. Che se sopravvengano la lontananza, l'assenza, le separazioni forzate, di cui parimenti di recente parlammo, o altre delicate circostanze, che obbligano a vivere nella continenza; allora, memori che il corpo dell'uno è bene dell'altro, gli sposi compiono, senza esitare, il dovere con le sue esigenze e le sue conseguenze, sostengono con cuore generoso, senza debolezze, la disciplina austera, che la virtù impone.

Quando infine con la vecchiezza si moltiplicano le malattie, le infermità, i decadimenti umilianti e penosi, tutto il corteggio di miserie che, senza la forza e il sostegno dell'amore, renderebbero ripugnante quel corpo già così seducente, si prodigano ad esso col sorriso sulle labbra le cure della tenerezza più delicata. Ecco la fedeltà nel dono scambievole dei corpi.

2. Nei primi incontri, al tempo del fidanzamento, spesso tutto era incantevole: l'uno prestava all'altra, con non minore sincerità che ingenua illusione, un tributo di ammirazione, della quale coloro che ne erano testimoni sorridevano con compiacente indulgenza. Non badate troppo a quelle piccole querele, che, secondo il Poeta latino, sono piuttosto segno di amore: non bene, si tollas proelia, datur amor. Era la piena, assoluta comunanza delle idee e dei sentimenti, nell'ordine materiale e spirituale, naturale e soprannaturale, l'armonia perfetta dei caratteri. L'espansione della gioia e dell'amore dava ai loro colloqui una franchezza, una vivacità, un brio, che facevano scintillare lo spirito, luccicare piacevolmente il tesoro di cognizioni che potevano possedere, tesoro talvolta ben esiguo, ma che tutto contribuiva a mettere in valore. E attrattiva, è entusiasmo; non è ancora la fedeltà.

Passa tale stagione : le manchevolezze non tardano ad apparire, le disparità di carattere a farsi vive, ad accrescersi, forse anche la povertà intellettuale a rendersi più palese. I fuochi d'artifizio sono spenti, l'amore cieco apre gli occhi, resta deluso. Allora per l'amore vero e fedele è l'inizio del cimento, e al tempo stesso del suo incanto. Non cieco, ben si accorge di ognuna di queste manchevolezze, ma le prende con affettuosa pazienza, cosciente com'è dei suoi propri difetti: più chiaroveggente ancora, si avanza a scoprire ed apprezzare, sotto la scorza volgare, le qualità di giudizio, di buon senso, di solida pietà, ricchi tesori oscuramente nascosti, ma di buona lega. Sollecito a mettere in piena luce e in valore questi doni e queste virtù dello spirito, è non meno abile e vigile a dissimulare agli occhi altrui le lacune e le ombre dell'intelligenza o del sapere, le bizzarrie o le asprezze del carattere. Alle espressioni erronee o inopportune sa cercare una interpretazione benigna e favorevole ed è sempre lieto di ritrovarne qualcuna. Eccolo pronto a vedere ciò che accomuna ed unisce, e non ciò che divide, a rettificare qualche errore o dissipare qualche illusione, con tanto buona grazia, che non urta né offende giammai. Lungi dal far mostra della sua superiorità, la sua delicatezza interroga e chiede il consiglio dell'altra parte, lasciando apparire che se ha alcunché da dare, gode anche di ricevere. In tal guisa non vedete voi come si stabilisca fra gli sposi una unione di spirito, una collaborazione intellettuale e pratica che li fa salire l'uno e l'altra verso la verità nella quale risiede la unità, verso la verità suprema, verso Dio? Che altro è questo se non la fedeltà nel dono mutuo delle loro menti?

3. I cuori si sono donati per sempre. Per il cuore, per il cuore soprattutto, era potente lo slancio che ha unito i giovani sposi; per esso anche soprattutto, la disillusione, quando viene, sa di amarezza, perché il cuore è l'elemento più sensibile ma più cieco dell'amore. E anche quando l'amore sopravvive intatto, alle prime prove della vita coniugale, la sensibilità può scemare e perdere, talvolta anzi perde necessariamente qualche vampa del suo ardore e del suo predominio eccessivo e facilmente illusorio. Ora la costanza e la perseveranza nell'amore, nell'attuazione quotidiana del dono reciproco, e, al bisogno, nella prontezza e nella pienezza del perdono, vuoi essere la pietra di paragone della fedeltà.

Se fin dal principio vi fu vero amore e non soltanto ricerca egoistica di soddisfazioni sensuali, questo amore immutato del cuore vive sempre giovane, non mai vinto dagli anni che passano. Nulla è così edificante e incantevole, nulla commuove tanto, come lo spettacolo di quei venerandi coniugi, le cui nozze d'oro hanno nella loro festa qualche cosa di più calmo, ma anche di più profondo, vorremmo dire di più tenero, che quelle della giovinezza. Cinquant'anni sono trascorsi sul loro amore: lavorando, amando, soffrendo, pregando insieme, hanno appreso a meglio conoscersi, a scoprire l'uno nell'altra la vera bontà, la vera bellezza, il vero palpito di un cuore devoto, a indovinare ancor più ciò che può far piacere all'altro; donde quelle premure squisite, quelle piccole improvvisate, quegli innumerevoli piccoli nonnulla, ove crederebbe di vedere una fanciullaggine soltanto chi non sapesse scorgervi la grandiosa e bella dignità di un immenso amore. È questa la fedeltà nel mutuo dono dei cuori.

Felici voi, giovani sposi, se vi è stato dato, se vi è dato ancora di contemplare simili scene nei vostri nonni. Forse, voi, fanciulli, avete con loro delicatamente e amorevolmente celiato; ma ora, il giorno delle vostre nozze, i vostri sguardi si sono posati commossi su quei ricordi, con santa invidia, con la speranza di dare un giorno voi stessi un pari spettacolo ai vostri nepoti. Noi ve lo auguriamo, e sopra di voi invochiamo da Dio la grazia di questa lunga indefettibile e deliziosa fedeltà, mentre con tutta l'effusione del cuore vi impartiamo la Nostra paterna Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, IV,
  Quarto anno di Pontificato, 2 marzo 1942 - 1° marzo 1943, pp. 235-240
  Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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