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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
ALL'AMBASCIATORE DI HAITI
PRESSO LA SANTA SEDE*

Sabato, 15 novembre 1947

 

Signor Ministro,

Dopo la penosa interruzione del tempo di guerra, la Legazione di Haiti, grazie all’iniziativa di Sua Ecc. il Signor Presidente della Repubblica, è stata nuovamente affidata all’antico Titolare. Noi proviamo una particolare soddisfazione, nel vederla ritornare a Noi quale rappresentante ufficiale d’una Nazione che conserva, con riconoscenza, ricordo dell’influenza decisiva che hanno esercitato sulla conquista della sua libertà, della sua indipendenza e del suo sviluppo sociale e culturale, la concezione ufficialmente cristiana della vita e della società, l’insegnamento e gli atti di tanti Nostri Predecessori sulla Cattedra di S. Pietro.

Se è vero che in passato, fra il succedersi degli avvenimenti esteriori e dell’evoluzione nazionale della Sua patria, la Santa Sede non ha mai cessato di testimoniare con amore e vigilanza, la sollecitudine per il bene del suo Popolo e di adattarla con prudenza alle condizioni variabili dei luoghi e dei tempi ; non è meno vero – ne sia certo – che, applicando tutti i Nostri sforzi e la Nostra solerte attenzione a sviluppare ed a rendere sempre più confidenti e più fruttuose le relazioni fra la Chiesa e lo Stato, Noi abbiamo coscienza di compiere, non solo un dovere inerente al Nostro ufficio, ma di seguire altresì le inclinazioni del cuore.

Noi abbiamo la certezza di incontrare la sincera approvazione e la gioiosa cooperazione dei Nostri fedeli figli e figlie, i quali, stimano che la vita religiosa, resa sempre più intensa e raggiante come un focolare di benedizioni sui diversi settori della vita sociale, sia del massimo interesse per la società e meriti d’essere oggetto dei migliori sforzi.

Durante anni che si sono succeduti, dalla chiusura di questa Legazione, al suo ristabilimento, gli Stati e i Popoli hanno subito catastrofi e disordini mai uliti nella Storia dell’umanità. Mai, infatti, l’umanità ha dovuto, in un lasso di tempo relativamente breve, fremere e piangere allo spettacolo di tanto sangue versato, di tante rovine accumulate di tanto scempio dei valori materiali e spirituali.

All’enormità della distruzione corrisponde ora l’immane compito della restaurazione; compito vasto come il mondo, la cui lenta attuazione nonostante tutti gli sforzi fatti per accelerarla, fa pesare l’inquietudine, come una cappa di piombo, sulle spalle dei popoli stanchi.

Appare sempre più evidente che, senza una sincera preparazione dei cuori, gli articoli delle pretese convenzioni e dei trattati di pace rimarranno incoerenti e sterili sforzi: nessuno spirito chiaroveggente, nessun uomo ammaestrato dall’esperienza della storia, oserebbe assegnare loro lunga vita. E questa stessa preparazione dei cuori, poiché suppone necessariamente, con la mutua .comprensione, il cumulo dei sacrifici, sarebbe chimerico aspettarla dal semplice gioco delle leggi e delle convenzioni e dalle loro imperfette sanzioni, senza ricorrere al contatto vivo con la religione, i cui motivi eterni sono inconfondibilmente più elevati e i cui impulsi incomparabilmente più potenti.

La conclusione che s’impone allo spirito con chiarezza ammirabile, è che il primo passo verso la restaurazione di un mondo sconvolto nella sua compagine, disvelto dalle basi, deve essere la resipiscenza, il ritorno ai principi morali, eterni che niuno mai ha violato impunemente. Lo Stato che contribuisce a rinnovare la conoscenza dell’ordine voluto e stabilito da Dio ed a promuoverne l’influsso negli svariati campi della vita umana e civile, della vita che sor. passa il dominio degli stati temporali, questo Stato è sulla via della vera prosperità e del vero progresso.

Le parole che Ella ha testè pronunciato, Signor Ministro, come tutto quello che Noi sappiamo della sua vita personale, della sua carriera intellettuale, della multiforme sua attività professionale, ci sono motivo di grande piacere e mettono in piena luce il fatto che, nel suo pensiero, il Vangelo di Cristo, Charta Magna della dignità umana, della vera libertà e della più nobile fraternità, occupa sulla scala dei valori, il posto d’onore che gli spetta di diritto.

Iniziando e continuando, in questo spirito, la missione che Le è stata nuovamente affidata, Ella può contare sulla Nostra piena fiducia e sul Nostro valido appoggio. Ella vedrà fiorire, frutto delle sue fatiche, le divine benedizioni, pegno di progresso per la sua patria, che, pur lontana, è tanto vicina al Nostro cuore.

Nella fiduciosa attesa, Noi rivolgiamo a S. Ecc. il Signor Presidente della Repubblica, ai membri del Governo, a tutti i suoi compatrioti, l’espressione della Nostra alta considerazione e della Nostra benevolenza ed impartiamo con il più grande affetto a tutti i Nostri figli e figlie, che Ci sono uniti nel Signore, in modo particolarissimo a Lei, la Nostra Benedizione Apostolica.


*Atti e discorsi di Pio XII, vol. IX, p.327-329.

 



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