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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO PP. XII
PER L'APERTURA DEL GRANDE STADIO OLIMPICO*

 Sabato, 16 maggio 1953

 

Diletti figli e illustri rappresentanti, nelle attività sportive, della cara gioventù italiana, che Noi auspichiamo sana e forte! Atleti che avete tenuto alto il nome d'Italia nelle maggiori gare internazionali! Convenuti nella Città eterna per la inaugurazione dello Stadio Olimpico, voi stessi avete desiderato che esso sia posto fin dal primo giorno sotto l'egida divina mediante la rituale benedizione.

Ci è particolarmente gradito che con voi si siano adunati alla Nostra presenza coloro che promuovono e dirigono le attività sportive nazionali, bramosi tutti non solo di renderCi consapevoli della letizia per l'opera da molto tempo vagheggiata ed ora compiuta, ma anche di ascoltare dalla Nostra voce con quali intenzioni e sentimenti cristiani essa debba essere considerata, sia da quelli che ivi si eserciteranno in nobili gare, sia dalle folle che ne saranno spettatrici, poichè ogni cosa creata deve servire quale strumento per glorificare il sommo Dio.

Desideriamo anzitutto congratularCi con quanti, superando non lievi difficoltà e dopo lunghe vicende, hanno condotto a termine un'opera ben degna d'inserirsi, per le sue dimensioni, nella tradizione del grandioso e del bello, proprio della Roma di ogni tempo, e che risponde — come Ci è stato riferito — alle esigenze più moderne di simili costruzioni. Esso è sorto, diremmo quasi, nel suo ambiente naturale, perchè la civiltà greco-romana non sapeva quasi mai disegnare e fondare città senza un anfiteatro o un circo o uno stadio, i cui ruderi anche oggi attestano il suo glorioso passaggio per le regioni dell'antico mondo.

Lo Stadio Olimpico sembra che compia il volto dell'Urbe, poichè gli edifici di una città sono in qualche modo l'espressione della sua struttura sociale, ossia del corpo vivo della collettività che la popola. Facilmente si possono indicare in una città ben ordinata, a somiglianza delle membra nel corpo umano, edifici che hanno funzioni particolari e diverse, ma tutti insieme formano quell'armonia di svariate attività, gerarchicamente disposte, che deve essere propria di ogni comunità sociale. In questo aspetto il vostro Stadio, espressione della sanità e del vigore fisico della gioventù, armonizza con gli edifici antichi e moderni rispondenti a vari scopi, e, se cristianamente frequentato, non sarà in disaccordo con quella sublime funzione che è prerogativa dell'Urbe, e di cui è simbolo, da tutti compreso, la grande Cupola di Michelangelo.

Auspice di questa armonia tra la Cupola e lo Stadio, come tra l'anima e il corpo, è altresì il doppio ricordo storico che questo ravviva. Il primo è suggerito dal luogo dove esso sorge. Adagiato, da un lato, sulla verde spalliera del Monte Mario, si distende, dall'altro, sulle rive del vecchio Tevere, in prossimità delle vetuste arcate del Ponte Milvio, ove par che ancora echeggi il grido di vittoria che fu definitivo per il futuro destino di Roma. Là infatti Costantino, ardito condottiero di eserciti e accorto governatore di popoli, non meno che fondatore di pace, piegò e vinse dopo aspra battaglia le forze del paganesimo condotte da Massenzio. La vittoria arrise a chi aveva innalzato sul labaro il segno della Redenzione, il quale da quel giorno rifulse sulle legioni vessillo ed arra dell'universale trionfo di Cristo. Voglia Iddio che i Romani, per nascita o per adozione nell'unica fede, non dissipino mai i sommi beni che quel primo ed augurale evento loro elargì.

Il secondo richiamo storico, che desideriamo notare, è dato dal titolo « Olimpico », col quale è designato il vostro Stadio. Esso ricorda, ad onore di coloro che si dedicano alle attività ginnico-sportive, quel senso di universalità fra differenti popoli, che le famose Olimpiadi fomentavano, sia pure tenuamente, e che poi, con l'avvento del Cristianesimo, erede e perfezionatore della civiltà che quei giuochi celebrava, si sviluppò nella verità cristiana dell'unica famiglia umana e nel conseguente dovere della mutua carità tra i popoli, suoi membri. Così, anche da questo lato, il vostro Stadio, di cui si arricchisce questa Roma cattolica, maestra ed altrice di schietto universalismo, qui ritrova il suo clima naturale ed una più alta giustificazione del suo nome. Le numerose bandiere, che da oggi in poi sventoleranno affiancate l'una all'altra sui suoi spalti, sono pertanto l'espressione della gloria, forse più bella, dello sport, maturata per virtù del Cristianesimo in smagliante realtà.

Ricco di storia e di promesse, il vostro Stadio è pronto ad accogliere sul suo verde tappeto voi, esimi atleti nell'ardore delle vostre gare, e sulle sue gradinate le moltitudini ansiose, per ammirare la perfetta fusione delle umane facoltà, che gli esercizi dello sport hanno il pregio di mettere in mostra.

Agli uni e agli altri Noi vorremmo ricordare il principio generale che il cristiano è tale da per tutto e che nessuna circostanza deve impedire al buon odore di Cristo di sprigionarsi dalla sua persona a edificazione di molti, sia che egli si raccolga in preghiera sotto la volta di un tempio, sia che si conceda il sano svago dello sport sotto il cielo di uno stadio; che anzi dalla condotta cristiana l'atleta e lo spettatore possono trarre vantaggio per gli scopi che ambedue si propongono: l'uno il conseguire l'alloro, l'altro l'onesto diletto.

A voi, atleti, Noi abbiamo già recentemente indicato nel Nostro discorso al Congresso scientifico nazionale dello sport e della educazione fisica (cfr. Osservatore Romano del 9 Novembre 1952) in che modo lo spirito cristiano debba animare i vostri esercizi e cimenti, e quali mezzi concreti esso vi suggerisca affinchè la vostra attività consegua i suoi fini, mantenga i pregi e bandisca gli abusi.

Ed ora la Nostra parola si rivolge anche al pubblico che suole assistere numeroso alle gare ginnico-sportive. Si noti la profonda differenza fra gli antichi stadi del paganesimo e quelli delle città cristiane. Un grande progresso compì già la civiltà latina, allorchè per merito del cristianesimo fu abolita dai pubblici spettacoli la barbarie dei ludi gladiatorii e delle cruente venationes. Ma in questo campo la perfezione cristiana vuol salire sempre più in alto e giungere a quella temperanza, che, mentre eleva la dignità dell'uomo, non impedisce la onesta gioia che si domanda allo stadio. La moderazione cristiana richiede innanzi tutto che il richiamo dello stadio stesso non sia di ostacolo all'osservanza dei doveri religiosi, specialmente nei giorni festivi. Essa fa sì che l'incitamento sia nobile, il contrasto con gli emuli rispettoso, il risentimento per le alterne delusioni indulgente, tollerante e in nessun caso tale da spingere alla violenza. Il tono stesso della voce, che poderosa s'innalza dallo stadio di una città cristiana, deve echeggiare in modo differente dall'urlo scomposto di uno stadio pagano; per dignità e per castigato linguaggio deve essere tale da non contrastare troppo col tono solenne dei cori e delle acclamazioni, che dal medesimo popolo negli stessi stadi salgono verso il cielo in occasione di celebrazioni civili e patrie e di riti religiosi.

Mentre pertanto bene auspichiamo all'opera vostra e Ci apprestiamo a benedire la bandiera del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, leviamo la Nostra preghiera all'Altissimo, affinchè il nuovo Stadio serva efficacemente al miglioramento fisico e morale del popolo e particolarmente della diletta gioventù romana; che ogniqualvolta le moltitudini traboccanti dal suo ampio abbraccio lo trasformeranno in un'aiuola fremente di vita, contribuisca a rinsaldare il senso della concordia di cui è espressione; e, finalmente e soprattutto, che in ogni circostanza lo Stadio Olimpico non cessi di cantare con le voci della presente e delle future generazioni la gloria di Dio.

Con questo augurio v'impartiamo di tutto cuore, auspice dei celesti favori, la Nostra Apostolica Benedizione.


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XV,
 Quindicesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1953 - 1° marzo 1954, pp. 157 - 160
 Tipografia Poliglotta Vaticana

 



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