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DISCORSO DI SUA SANTITÀ PIO XII
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE ARTIGIANO*

Aula della Benedizione - Sabato, 15 febbraio 1958

  

Con particolare compiacimento vi diamo il benvenuto, diletti figli e figlie, che, adunati in Roma per il « Convegno Nazionale Artigiano », avete desiderato di essere da Noi ricevuti. Con gioia accogliamo questo attestato di filiale devozione, prova della vostra sincera volontà di attuare sempre più adeguatamente, nella vostra vita privata, come nelle vostre attività professionali e sociali, l'ideale elevato che vi propone la fede cristiana; mentre che auguriamo di cuore ai lavori di questa vostra grande riunione i più benefici frutti per la soluzione degl'importanti problemi, che formano oggetto delle vostre discussioni.

Noi stessi ben ricordiamo l'Udienza che vi accordammo nell'ottobre 1947 a Castel Gandolfo e le parole che indirizzammo all'« Associazione Cristiana Artigiani Italiani ». Soltanto due anni erano trascorsi dalla fine della guerra. Dopo di allora, quante trasformazioni sono venute a modificare il volto della umana società! Nella vita economica essa ha assistito al rapido mutamento delle strutture esistenti, provocato dal sorgere di nuove tecniche, dalla scoperta di nuove fonti di energie più ricche e apparentemente inesauribili, dall'estensione dei mercati per mezzo di accordi internazionali. La vostra categoria non è sfuggita a questo movimento complesso ; essa ha veduto nascere altri problemi, condizioni talvolta difficili, ma anche possibilità più varie, che le permettono di meglio assicurare la sua stabilità e il suo futuro sviluppo.

Un fatto Ci sembra in primo luogo degno di essere segnalato. Da cento anni l'artigianato difende la sua esistenza contro il potere crescente della concentrazione industriale. La fabbrica pareva in principio dover dare scacco all'impresa artigiana. Verso il 1890 i dirigenti e i programmi del socialismo, come anche parecchi rappresentanti della scienza nazionale economica, avevano creduto di poter proclamare che l'artigianato, in ogni caso come Piccola impresa, era fatalmente destinato a scomparire.

Ma il corso degli avvenimenti venne a smentire tali previsioni, e l'artigianato, nonostante le teorie che predicevano la sua fine, è riuscito a mantenersi. Senza dubbio il numero delle aziende, che non occupano se non una o poche persone, è in regresso a confronto dell'incremento delle più vaste intraprese, le quali hanno portato una notevole riduzione dei liberi artigiani. Tuttavia in esse, come, per esempio, apparisce specialmente nelle società di costruzione, la grande maggioranza sono operai qualificati, come muratori, carpentieri, falegnami, fabbri, che lavorano nella stessa maniera dell'artigiano autonomo delle piccole imprese.

Un punto è tuttavia risolutivo: i competenti teorici e pratici affermano che non solo in Italia, ma anche, per esempio, in un paese così largamente ricco di industrie come la Germania, nonostante lo sviluppo considerevole dell'industria fino all'automazione, anche l'artigianato ha continuato a svilupparsi nel dopoguerra; ed anzi ha dimostrato più imperiosamente la sua necessità, poiché l'incremento dell'industria ha suscitato bisogni specifici, ai quali il lavoro dell'artigiano può dare nel miglior modo sodisfazione, ed ha fatto quindi sorgere nuove forme di artigianato, come quelle che si occupano della manutenzione e delle riparazioni degli apparecchi prodotti in serie. Si confermano così le previsioni di quanti affermavano che l'artigianato non avrebbe potuto scomparire, finché esistessero bisogni di carattere individuale e personale, a cui la forma decentrata dell'artigianato può più facilmente provvedere che non la grande industria.

La nuova legge sull'impresa artigiana e la nozione di piccola impresa, del 25 luglio 1956, ha lasciato campo alla libera attività e ha contribuito positivamente al miglioramento delle condizioni di esistenza e allo stato dell'imprenditore artigiano.

Per tutto ciò Ci congratuliamo ben di cuore con voi, diletti figli e figlie. Nel discorso, che vi rivolgemmo nel 1947, dicevamo che, sebbene la forza delle circostanze nella seconda metà del secolo scorso avesse fatto convergere le sollecitudini della Chiesa principalmente verso gli operai dell'industria e i rapporti fra i datori di lavoro e i prestatori di opera, perché là era il nodo del problema sociale, che esigeva un urgente rimedio, tuttavia esisteva sempre tra la Chiesa e il mondo dell'artigianato una comprensione e una buona e naturale intesa, per così dire, familiare (cfr. Discorsi e Radiomessaggi vol. IX pag..297). Noi vorremmo quindi profittare di questa Udienza per attirare la vostra attenzione su due punti, che spiegano perché la Chiesa si occupa al presente in modo particolare dell'artigianato e desidera di veder mantenere e perfezionare le sue condizioni.

In primo luogo, si deplora una seria crisi spirituale, che si manifesta nello scostamento sempre più esteso fra la vita personale dell'individuo e la vita professionale. La professione è intesa in vasti circoli come qualche cosa di estraneo all'Io, che non porta ad essa un interesse vissuto. Si compie il proprio lavoro, perché se ne ha bisogno per vivere, ma non se ne prova alcun piacere, alcuna attrattiva. Al contrario, si attendono con impazienza le ore e i giorni di libertà e di riposo. Questo fatto si verifica non soltanto nelle vaste schiere degli impiegati di ufficio e dei lavoratori nelle grandi industrie, ma anche in altri.

I motivi di questo atteggiamento sono molteplici, ma il principale è facilmente riconoscibile. Il lavoro ristretto, che il singolo operaio compie, è spesso tratto da un tutto, che egli non avverte, di cui non può rendersi conto e che spesso nemmeno conosce. In tal modo non ha la coscienza di avere una funzione necessaria e di partecipare al risultato finale; lavora come incatenato ad un estenuante automatismo, per esempio, davanti ad un carrello scorrevole, con una attività strettamente limitata, che egli stesso non ha la sodisfazione di organizzare, imprimendo in essa quasi il suggello della, sua propria persona.

Diversa è ancora la condizione dell'artigiano. Normalmente egli è formato e addestrato per effettuare un lavoro completo. Ciò vale anche per coloro che non sono autonomi nella loro professione, ma si mettono al servizio di grandi industrie, come, per esempio, in una società edilizia. In tal guisa si affezionano all'opera loro e trovano in essa la loro gioia. Naturalmente anch'essi godono dei giorni liberi, ma tornano poi lieti, freschi e senza amarezza al loro lavoro, a differenza di tanti operai costretti ad occupazioni senz'anima.

La Chiesa si compiace di questo vantaggio dell'artigianato, perché ogni dissociazione tra la vita personale e la professionale è qualche cosa di innaturale e di forzato. L'agricoltore che coltiva la sua terra con la sua famiglia; il maestro e l'educatore, che si dedicano ai loro alunni: il medico e l'infermiera che si consacrano ai loro malati; anche lo statista e l'uomo politico che, coscienti della loro responsabilità, prendono vivamente a cuore il bene comune nel servizio del loro Paese; tutti sentono profondamente come 1a4 loro professione fa, per così dire, parte integrante del loro essere e rappresenta per loro incomparabilmente più che un semplice mezzo di guadagnare la vita.

Invece la separazione dell'uomo e della professione diventa tanto più deplorevole, quanto più essa si comincia a considerare come naturale e preferibile alle esigenze di un serio impegno, a tal punto che si nota già una insufficienza di aspiranti nelle professioni in cui si richiede un tale obbligo.

Nulla di sorprendente quindi se, a lungo andare, quel non sodisfacente lavoro porta sfavorevoli ripercussioni anche nel campo morale, in quanto che l'assenza di quel compiacimento, che molti cercano invano nella loro professione o mestiere, li spinge a cercarlo altrove, e ad ogni modo li rende facilmente indifferenti e inclini a perdere il, senso delle loro responsabilità verso il prossimo e la società.

Noi quindi Ci auguriamo, diletti figli e figlie, che l'artigianato vi preservi da questi pericoli e che voi continuiate a restare affezionati all'opera vostra e la compiate con gioia.

L'altro motivo per cui la Chiesa desidera che l'artigianato conservi il suo carattere proprio, è perché stima opportuno che nelle imprese piccole e medie mantenga un aspetto familiare.

Lungi da Noi il pensiero di un ritorno al sistema della economia patriarcale. Non vi è nulla da opporre a ciò che i rapporti fra imprenditori, lavoranti e apprendisti si conformino per via di contratto alla legislazione sociale in vigore. È necessario che l'imprenditore prenda parte attiva al lavoro di esecuzione e rimanga tra i suoi dipendenti per guidarli, incoraggiarli, istruirli. In tal guisa gli sarà ben facile di conservare alla sua azienda un'atmosfera familiare; per ciò egli non ha bisogno di molte parole, ma innanzi tutto del buon esempio e di una attenta premura verso le persone e il loro vero bene; tutti, operai e apprendisti. sentiranno allora che nell'azienda deve regnare il buono spirito, la stima e il mutuo aiuto.

Nella vostra impresa deve dunque dominare la nota cristiana. Non potreste forse collocare il Crocifisso nel luogo del vostro lavoro? Non potreste anche, prima di mettervi all'opera, recita re in comune una, sia pur breve, ma fervida preghiera, che certamente attirerebbe la benedizione di Dio sulla vostra quotidiana fatica?

Noi vorremmo altresì raccomandarvi particolarmente la decenza e la onestà nel parlare. Da inchieste eseguite fra la gioventù] lavoratrice risulta pur troppo che le condizioni di non poche imprese (non vogliamo dire di tutte, naturalmente) lasciano gravemente a desiderare dal lato morale. Ogni giorno — come l'esperienza pur troppo insegna — i giovani sono esposti come a un flutto travolgente di conversazioni sconvenienti, che contaminano a poco a poco i loro cuori. Gli adulti, poi, invece di riflettere alle loro responsabilità dinanzi a tale rovina di anime, sembra talvolta che se ne compiacciano, disseminando intorno a loro germi di corruzione. Siamo certi che i vostri sentimenti cristiani vi metteranno in guardia in un punto così delicato e vi indurranno ad esercitare una vigilanza costante, affinché l'influsso morale dei vostri opifici, specialmente sui giovani apprendisti, rimanga sano e contribuisca efficacemente alla loro cristiana e civile formazione.

Di nuovo invochiamo su di voi e sulle vostre imprese la protezione della Santa Famiglia. San Giuseppe e Gesù stesso erano artigiani, nel senso presente di questo termine, e possedevano, come tanti di voi, una piccola impresa. Possiate imitare l'esempio del santo Patriarca, che, confidando nella divina Provvidenza, e camminando sempre alla presenza del Signore, laborioso ed onesto viveva tutto per la sua famiglia e per la sua professione! Possa la dolce e potente intercessione della Vergine Maria impetrarvi da Gesù la forza e la grazia, che penetrino tutta la vostra vita!


*Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, XIX,
Diciannovesimo anno di Pontificato, 2 marzo 1957-1° marzo 1958, pp. 759-763
Tipografia Poliglotta Vaticana
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