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VISITA PASTORALE IN CAMPANIA

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN PIAZZA PLEBISCITO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Napoli - Domenica, 11 novembre 1990

 

“Il regno dei cieli è simile a dieci vergini . . .” (Mt 21, 1).

1. Cristo insegnava in parabole, che erano comprensibili per i suoi ascoltatori. Il loro contenuto poteva essere facilmente assimilato dall’immaginazione. Nello stesso tempo, il loro messaggio apriva l’animo di chi le ascoltava a un’altra realtà: il regno dei cieli. La realtà divina, soprannaturale. L’uomo è chiamato a questa realtà. È chiamato al regno di Dio, che inizia qui in terra, ma che troverà la sua realizzazione definitiva nell’eterna città di Dio, nel cielo. Il regno di Dio costituisce pure il futuro escatologico dell’uomo. Di esso Cristo è il testimone oculare: egli è sul trono del Padre, come Figlio consostanziale ed eterno.

Nella parabola delle dieci vergini, che abbiamo ascoltato, Gesù concentra la sua attenzione soprattutto sull’uomo invitato al banchetto celeste, chiamato a partecipare al futuro divino.

2. La parabola delle dieci vergini non cessa di essere attuale. Certamente oggi le tradizioni legate alla celebrazione del matrimonio hanno assunto forme esterne diverse. Tuttavia la parabola è sempre attuale. Si può dire che quanto in essa è raccontato accade anche ai nostri giorni. Accade qui a Napoli; accade nella città e in ognuno dei suoi quartieri; accade in ogni parrocchia, in ogni famiglia, in ogni uomo.

Di quali nozze si tratta? Chi è lo sposo a cui siamo chiamati ad andare incontro? La parabola ci permette di avvicinarci al mistero di Dio, espresso con l’immagine delle nozze. Si tratta delle nozze di Cristo: Egli è lo Sposo. È Sposo anzitutto in quanto Verbo incarnato: il Figlio di Dio ha sposato l’umanità, la nostra natura umana, facendosi uomo nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo.

In virtù di queste prime nozze Cristo, Dio-Uomo, sposa tutti gli uomini: poiché per tutti si è fatto Uomo, per redimere e salvare tutti. Cristo è l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. La sua Sposa è la Chiesa, che egli ha istituito, perché cooperi con lui nell’opera della salvezza. È in essa che nascono e maturano i figli dell’adozione divina, chiamati a partecipare alla vita di Dio a somiglianza dell’eterno e unigenito Figlio.

3. Attraverso le vie di Napoli si leva lo stesso grido: “Ecco lo sposo, andategli incontro!” (cf. Mt 25, 6). Questo grido risuona qui da secoli, dagli inizi apostolici della Chiesa nella vostra città. Esso giunge a noi attraverso la testimonianza degli antichi martiri napoletani: Gennaro, Sosio, Festo, Fortunato, Desiderio, Procolo, Eutiche; ci giunge attraverso i santi vostri conterranei più recenti, come san Francesco de Geronimo, sant’Alfonso de’ Liguori, il beato Vincenzo Romano, e altri ancora. Echeggia inoltre grazie all’esempio dei laici, che io stesso ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari: san Giuseppe Moscati e il beato Bartolo Longo.

“Ecco lo sposo, andategli incontro!”. Questo stesso grido risuona oggi, in questo ultimo scorcio del secondo millennio. È risuonato in modo particolarmente vigoroso nella celebrazione del 30° Sinodo della vostra arcidiocesi, che ha tracciato le linee programmatiche della pastorale diocesana per gli anni ‘90. Da questo evento ecclesiale è scaturito un programma apostolico con tre precisi obiettivi: l’evangelizzazione, anzi la nuova evangelizzazione; l’amore privilegiato per i poveri; la pastorale familiare. Quale vasto campo di azione si apre per tutti voi, carissimi fratelli e sorelle!

Le nozze dell’Agnello di Dio continuano. Ogni giorno, ogni ora è il momento della venuta di Cristo, per cui particolarmente risultano attuali le parole dell’odierna liturgia: “Vegliate e state pronti, perché, nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà” (Canto al Vangelo).

State pronti! Non impedite che possa incontrarvi! Non lasciatevi assorbire dalle preoccupazioni temporali così da non accorgervi della sua venuta. Preparatevi anzi ad accogliere Cristo, lo Sposo, operando attivamente, uniti al vostro arcivescovo, il venerato fratello card. Michele Giordano e ai suoi vescovi ausiliari, che saluto cordialmente. Siate vigilanti voi, cari sacerdoti, voi, cari religiosi e religiose, tutti voi, cari fedeli laici.

4. L’evangelizzazione deve diventare il vostro impegno permanente: perché fa parte della vita stessa della Chiesa e mai si esaurisce. Quanto mai opportuna è perciò la scelta operata dal vostro Sinodo, e io auspico di cuore che voi possiate profittare di ogni circostanza favorevole e di inventarne di nuove per garantire a ciascuno e all’intera comunità ecclesiale l’alimento costante della evangelizzazione.

Non dimenticate, inoltre, che il Signore vi invia a evangelizzare anche coloro che non lo hanno mai incontrato, o che ne hanno perduto la memoria. E sono, purtroppo, tanti, anzi troppi anche in questa vostra terra che, come poc’anzi ho ricordato, è generatrice di santi. Questo compito che, in forza del Battesimo e della Confermazione, concerne veramente tutti, deve diventare la comune ansia per la “nuova evangelizzazione”.

5. Risplendano pertanto le lampade della vostra fede, alimentate da ardente carità. Siate degni della tradizione di questa Chiesa napoletana, ricca di innumerevoli opere di solidarietà cristiana. Come in passato l’energia dell’amore ha dato vita a istituzioni assistenziali che hanno segnato in profondità la vostra storia, così anche ai nostri giorni siate pronti ad affrontare con generosa disponibilità le nuove forme di povertà emergenti nel tessuto travagliato della società moderna.

Il vostro sforzo, tuttavia, potrà essere efficace se recupererete, come è nella vostra sana tradizione, il valore della famiglia, quale primo e fondamentale soggetto dell’evangelizzazione, secondo le indicazioni dello stesso Sinodo diocesano. È in questa struttura comunitaria elementare e basilare che l’evangelizzazione trova la sua prima espressione e i genitori sono chiamati a essere i fondamentali evangelizzatori dei figli, avviandoli alla vita della grazia divina attraverso una positiva educazione religiosa, accompagnata dalla loro coerente testimonianza cristiana.

Dono prezioso delle famiglie è la vita, la vita nascente, la vita indifesa, il cui sviluppo dipende unicamente dall’amore della famiglia che l’accoglie. Proprio pensando alla famiglia e all’esistenza umana, che in essa deve essere custodita, difesa e coltivata, sono lieto di poter inaugurare quest’oggi un consultorio familiare che si ispira ai principi cristiani. Si tratta di una iniziativa di notevole rilievo, ideata dall’Istituto Toniolo e realizzata dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con la vostra arcidiocesi. Che il Signore renda merito ai promotori di una così opportuna e importante attività a favore dell’uomo e della famiglia.

6. Carissimi fratelli e sorelle, l’odierna liturgia ci ricorda che tutta la nostra vita è vigile preparazione all’incontro con lo Sposo. “Vegliate e state pronti”!

Qui dobbiamo scendere nell’intimo di ogni uomo. Il Salvatore ce ne mostra la via. In che consiste questo “vegliate” evangelico, in che consiste la disponibilità delle vergini sagge, di cui parla la parabola, se non appunto in ciò che il Salmo proclama? “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua” (Sal 62, 2).

La sensibilità verso Dio; la consapevolezza che egli è presente nel mondo, in questa città, in ciascuno di noi. “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28). Da lui siamo usciti venendo alla luce. E la nostra vita è una via che non può condurre in nessun altro luogo se non a lui.

Siamo consapevoli che questa è la via della nostra vita? Ci siamo forse persi per luoghi scoscesi? O forse cominciamo ora a uscire da questa strada maestra? Siamo, forse, simili a quelle vergini della parabola che si assopirono e dormirono? Esse continuano a dormire e non avvertono la venuta dello sposo. Non c’è il rischio che nemmeno la potente scossa della sua morte e della sua risurrezione possa svegliarle?

Sì. Ammiriamo pure le opere del genio umano, ma i nostri occhi siano ben aperti per riconoscere le opere della divina Sapienza. Le nostre orecchie siano ben aperte per ascoltare la voce dello Sposo. Non lasciamo spegnere le nostre lampade, offuscate da una colluvie di informazioni che conducono verso il nulla. Esse non ci aprono le prospettive divine, anzi ci impediscono di percepire la voce dello Sposo e non ci fanno ascoltare la Chiesa che grida: “Andategli incontro!”.

7. Non possiamo restare nell’ignoranza. Non possiamo nemmeno restare nell’ignoranza circa quelli che muoiono (cf. 1 Ts 4, 13) . . . circa quelli che sono morti nelle vostre famiglie, nelle vostre parrocchie, nella vostra città. Novembre è il mese nel quale si ricordano i morti! Non possiamo restare nell’ignoranza. Non basta un’afflizione senza speranza.

L’umanità sembra oggi sottovalutare il significato della morte. Quando si svaluta il senso della morte, quando si svaluta anche quello della vita umana sin dal primo momento del concepimento, l’uomo cade in un sonno pericoloso. Cerca di assopirsi per non affrontare le responsabilità che gli derivano dalla grandezza della sua vocazione e dalla dignità conferitagli da Dio. Cerca di non percepire la voce dello Sposo! Novembre è il mese dei morti che vivono in Dio.

“Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risorto; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui” (1 Ts 4, 14). Vegliate! Ricordate che viviamo immersi nella Comunione dei santi. Manteniamoci quindi pronti - come le vergini sagge della parabola - ad entrare insieme con Cristo alle nozze del regno di Dio.

La voce della Chiesa ripete: “Ecco lo Sposo, andategli incontro!”. Vegliate, pertanto, e state pronti. Amen!

Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica, Giovanni Paolo II rivolge le seguenti parole ai fedeli napoletani che gremiscono Piazza del Plebiscito.

Al termine di questa assemblea desidero dire a tutti i presenti un forte “grazie”. Un abbraccio fraterno al card. Giordano, vostro arcivescovo, ai cardinali Ursi e Casoria. Un caro saluto a tutti i vescovi della Conferenza episcopale campana qui presenti. A loro chiedo di portare l’augurio del Papa a tutte le diocesi a loro affidate. Cosa devo dire a te, Napoli, la città esperta nel sole? “O sole mio”. Devo ringraziare per questo sole che ci ha accompagnato finora, ma dovrei anche pregare insieme a voi per questo accompagnamento solare nei due prossimi giorni tra i vostri vicini, nelle due diocesi che stanno accanto a Napoli.

Un grande napoletano, almeno come studente e docente, san Tommaso d’Aquino, insegnava “bonum est diffusivum sui”, il bene si diffonde. Auguro a tutti, ai napoletani e a tutta la Campania, alle diocesi vicine, questa diffusione del bene, questa diffusione del sole. E voi che siete esperti nel sole, riconosciuti come tali in tutto il mondo, cercate anche di diffondere un po’ di questo vostro tesoro ai vostri vicini, anzi vicinissimi, e a tutti gli uomini che cercano Napoli a motivo di questo sole, che è il vostro tesoro, il vostro bene speciale. Grazie per la grande ospitalità.

 

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