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DISCORSO DI GIOVANNI POALO II
AL CONVEGNO ITALO-TEDESCO PROMOSSO
DALLA FONDAZIONE "KONRAD-ADENAUER"

21 novembre 1981


Illustri Signore e Signori,

1. In occasione del 90° anniversario dell’enciclica Rerum Novarum vi siete radunati qui a Roma, nel quadro della Fondazione “Konrad-Adenauer”, per un Convegno italo-tedesco. Il tema è l’attualità della dottrina sociale cristiana e la partecipazione dei lavoratori. Mi rallegro per questa vostra iniziativa e vi esprimo il mio cordiale benvenuto in questo incontro in Vaticano.

Per l’udienza generale del 13 maggio di quest’anno, avevo preparato un discorso che poi non ho potuto tenere. In questo discorso erano contenute le seguenti parole: “È merito di Papa Leone XIII l’aver cercato di dare alla dottrina sociale della Chiesa un carattere organico e sintetico” (Giovanni Paolo II, Allocutio in Audientia Generali habita, 6, 13 maggio 1981: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 1 (1981) 1174.). La soluzione della “questione operaia” costituiva il punto centrale dei suoi sforzi. Nella sua enciclica leggiamo le memorabili parole: “I lavoratori non devono essere considerati e trattati come schiavi; va vista come sacra la dignità della loro persona che è stata nobilitata dalla loro dignità di cristiani” (Leone XIII, Rerum Novarum, 16). Per difendere questa dignità personale del lavoro, minacciata dalla nuova economia industriale, Leone XIII richiese il contributo della Chiesa, l’aiuto dello Stato e l’iniziativa personale dei lavoratori. È significativo che già nel 1891 Papa Leone XIII vedeva nel responsabile contributo dei lavoratori stessi un essenziale passo in avanti per il superamento della lotta di classe e per la costruzione di una società degna dell’uomo (cf. Ivi 36.43).

2. Nei passati novant’anni molte cose sono mutate, anche nel mondo del lavoro. La dottrina sociale della Chiesa ha accompagnato attentamente questo mutamento e ha cercato di contribuirvi. Nella mia ultima enciclica Laborem Exercens ho espresso la convinzione che oggi siamo “alla vigilia di nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche che, secondo molti esperti, influiranno sul mondo del lavoro e della produzione non meno di quanto fece la rivoluzione industriale del secolo scorso” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 1). Nella stessa enciclica ho insistentemente sottolineato come oggi a livello mondiale vi siano “nuove modalità di ingiustizia” e “ben più vaste di quelle che, nel secolo scorso, stimolarono l’unione degli uomini del lavoro per una particolare solidarietà nel mondo operaio” (Ivi, 8).

Si tratta oggi di assicurare nuovamente la dignità del lavoro umano nelle mutate situazioni economiche, politiche e culturali a livello nazionale e internazionale. Non è compito della Chiesa proporre programmi concreti. Ma è suo compito e suo dovere richiamare sempre di nuovo il fatto che il lavoro umano non è una merce ma che l’uomo “mediante il lavoro non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, diventa più uomo” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 9). Da ciò consegue necessariamente il principio della priorità dell’uomo nei confronti delle cose, del lavoro di fronte al capitale (cf. Ivi, 12).

3. Nel tentativo di attuare praticamente questo principio, senza tralasciare naturalmente di tener sempre conto delle situazioni concrete, la responsabile compartecipazione dei lavoratori apporta un contributo decisivo, soprattutto nella forma di Sindacati organizzati. “L’esperienza storica insegna”, come ho sottolineato nella mia enciclica “che le organizzazione di questo tipo sono un indispensabile elemento della vita sociale, soprattutto nelle moderne società industrializzate” (Ivi, 20). Ma “la dottrina sociale cattolica non ritiene che i Sindacati costituiscano solo il riflesso della struttura di classe della società e che siano l’esponente della lotta di classe, che inevitabilmente governa la vita sociale... Il lavoro ha come sua caratteristica che, prima di tutto, esso unisce gli uomini; ed in ciò consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità. In definitiva, in questa comunità devono in qualche modo unirsi tanto coloro che lavorano, quanto coloro che dispongono dei mezzi di produzione, o che ne sono i proprietari (Ivi).

Nel vostro Congresso, illustri Signori e Signore, voi avete cercato metodi e soluzioni concrete, al fine di individuare come si possa, nonostante tutte le divisioni e i conflitti di interesse, raggiungere una maggiore unità e partecipazione. Di questo vi sono grato e incoraggio i vostri sforzi. In modo particolare sono lieto del fatto che voi operate in una collaborazione tra lavoratori tedeschi e italiani.

Sono convinto che la soluzione delle scottanti questioni del mondo del lavoro in futuro è possibile solo in una solidarietà dei popoli e degli stati. Accompagno il vostro vasto lavoro con particolare interesse, per esso vi formulo i miei migliori auguri e imparto a voi e ai vostri associati la mia benedizione apostolica.

Desidero rivolgere un saluto, anche in italiano, per ribadire l’importanza che attribuisce la Chiesa alle vostre Organizzazioni, destinate a tutelare i legittimi interessi dei lavoratori per un pieno conseguimento del bene comune nella giustizia e nella pace.

Il successo della vostra attività, come voi ben sapete, sta nella unità di azione che assicura benessere ai singoli e progresso nella produttività; al contrario le divisioni e le antitesi, soprattutto quando volutamente spinte a scavare solchi pericolosi, non possono portare risultati positivi né per i lavoratori, né per i datori di lavoro.

Vi ispirino sempre in questo vostro lavoro tanto nobile, ma anche tanto difficile, i principi religiosi e morali da cui la Chiesa attinge ispirazione nella sua dottrina sociale: essi assicureranno alla vostra opera quella interiore linfa vitale, quella forza ed efficacia che sono indispensabili in un campo così impegnativo come il vostro.

Vi sia di conforto la mia speciale benedizione apostolica.



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