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VIAGGIO APOSTOLICO IN COREA, PAPUA NUOVA GUINEA,
ISOLE SALOMONE E THAILANDIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO
PRESSO IL GOVERNO DI SEOUL

Seoul (Corea) - Nunziatura Apostolica
Venerdì, 4 maggio 1984

 

Vostre Eccellenze,
Signore e Signori,

un momento molto significativo in tanti dei viaggi che ho compiuto in diverse parti del mondo, nell’adempimento della mia missione apostolica nei riguardi delle comunità cattoliche delle varie nazioni, è stato l’incontro con i membri del corpo diplomatico. Ora, qui a Seoul, sono molto lieto di incontrarvi, membri del corpo diplomatico accreditati presso il governo della repubblica di Corea. Grazie per essere venuti qui questa sera.

Le ragioni della mia visita sono ben note a voi. La Chiesa cattolica in Corea sta celebrando il duecentesimo anniversario della sua esistenza nel “Paese del mattino placido”. È una Chiesa giovane, già ricca di esperienza e piena di promesse per il futuro. Anche il popolo di Corea si presenta come un popolo giovane - a dispetto della sua lunga storia - con una vitalità che consente grandi promesse per il domani: un popolo pieno di speranze e di nobili aspirazioni, con un immenso desiderio di pace e di stabilità, e di risanamento dalle dolorose ferite che tuttora causano profonde sofferenze. Le aspirazioni di pace, di sicurezza e di unità nazionale, che sono ovunque oggi sempre più sentite, si avvertono in modo particolare tra il popolo coreano, e la mia visita intende indicare che questi desideri così nobili sono condivisi da me e dalla Chiesa.

1. Membri del corpo diplomatico, voi siete i rappresentanti ufficiali dei vostri rispettivi Paesi. Voi servite i vostri Paesi promuovendo e difendendo gli interessi dei vostri popoli. Ma è caratteristica del vostro servizio che voi dobbiate essere anche attenti osservatori e attivi partecipanti alla vita culturale e sociale e alla mentalità del Paese che vi ospita. Come diplomatici, siete chiamati ad avere una profonda sensibilità nei confronti dei genuini valori nazionali del Paese nel quale svolgete la vostra missione. Non c’è dubbio che, quanto meglio voi conoscerete e rispetterete il carattere autentico e originale del popolo coreano, tanto meglio svolgerete l’importante compito di promuovere la reciproca comprensione e simpatia. E non c’è dubbio che comprensione e simpatia, collaborazione e corresponsabilità sono in grado di mettere in moto “un più generale meccanismo di ricerca di pace” tra i popoli su scala mondiale.

2. Pace! Molto si dice di essa: eppure la vera pace appare sempre più sfuggente. Da una parte, gli strumenti di guerra - ordigni di morte e di distruzione - aumentano continuamente. D’altra parte, le strutture di dialogo disponibili, sia tra le nazioni e le alleanze più importanti, sia tra le parti in grado di limitare e localizzare le dispute, hanno dimostrato di essere estremamente fragili e vulnerabili. Dovremmo allora smettere di parlare della pace? O dovremmo piuttosto trovare le parole che provocheranno una risposta di seria riflessione da parte di tutti coloro che hanno responsabilità nelle decisioni e nelle politiche attinenti alla pace? Non sarebbe un crimine rimanere silenziosi quando ciò che serve è un appello efficace per una vera “conversione del cuore” da parte dei singoli, dei governi e delle nazioni?

Conversione del cuore” è stato il tema del mio messaggio per la XVII Giornata mondiale della pace celebrata il primo gennaio di quest’anno: “La pace nasce da un cuore nuovo”. Come ho fatto notare in quell’occasione, credo che una seria riflessione su questo tema “consente di andare al fondo della questione ed è tale da rimettere in discussione certi “presuppostiche minacciano appunto la pace. L’impotenza, nella quale si trova l’umanità, di risolvere le tensioni, rivela che gli intoppi o, al contrario, le speranze derivano da qualcosa di più profondo degli stessi sistemi” (Ioannis Pauli PP. II, Nuntius scrpto datus ob diem I mensis Ianuarii anni MCMLXXXIV, paci inter nationes fovendae dicatum, 1, die 8 dec. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI/2 [1983] 1280).

Questo cambiamento o “conversione” del cuore non è un’esclusiva cristiana né un ideale religioso. È un’esperienza umana fondamentale e originale che riguarda sia le nazioni, sia gli individui. Per ripetere quanto scrissi nel messaggio per la Giornata mondiale della pace: “Si tratta di ritrovare la chiaroveggenza e l’imparzialità insieme col rispetto dei diritti dell’uomo, il senso dell’equità con la solidarietà mondiale tra ricchi e poveri, la fiducia reciproca e l’amore fraterno” (Ivi, p. 1282).

3. La pace è minacciata ovunque lo spirito umano è oppresso dalla povertà e condizionato da imposizioni socio-politiche o ideologiche. Nel nostro mondo la pace è seriamente minacciata dalle tensioni che nascono da differenze ideologiche “tra Est e Ovest”, e dal crescente contrasto tra i Paesi sviluppati “del Nord” e i Paesi in via di sviluppo del Sud. La pace è minacciata ovunque i diritti fondamentali dell’uomo vengono ignorati o calpestati, e specialmente il diritto alla libertà religiosa.

La pace è minacciata dove non viene riconosciuto, promosso e salvaguardato il benessere integrale della persona umana; dove i diritti umani non vengono rispettati nella loro unica dignità e nel loro unico valore; dove essi vengono subordinati a interessi precostituiti e all’ambizione del potere in ogni sua forma; dove i poveri sono sfruttati dai ricchi, i deboli dai forti, gli incolti dai più preparati e privi di scrupoli. La pace è minacciata dove la persona umana è resa “vittima” del progresso scientifico e tecnologico, anziché essere “beneficiaria” delle meravigliose possibilità di vero progresso e di sviluppo che l’uomo strappa alla natura. La pace è minacciata dagli avvenimenti; ma questi stessi avvenimenti sono lo specchio di cause più profonde legate all’atteggiamento del cuore umano.

4. È veramente necessario “ripensare le politiche e le priorità fondamentali”. In questo momento storico è veramente necessaria la saggezza. C’è sempre meno spazio per giocare d’azzardo con il bene della famiglia umana. L’unica scelta è il dialogo sincero, la collaborazione reciproca, per l’edificazione di un ordine internazionale più giusto. Che cosa sia quest’ordine giusto, ancora resta, entro certi limiti, da scoprire attraverso uno scambio di idee e di valori fondato sulla fiducia, senza preconcetti; un dialogo che ha per oggetto il bene comune di tutti e gli inalienabili diritti di ogni essere umano.

5. Il mio appello a voi, signore e signori del corpo diplomatico, è affinché usiate ogni mezzo a vostra disposizione per promuovere tale dialogo. “Affinché si trovi un nuovo modo di pensare”, insieme con il coraggio di ricominciare da capo! Le condizioni di base morali e psicologiche sottese alla presente situazione mondiale devono essere riesaminate con attenzione e con imparzialità.

Come ho suggerito, forse la difficoltà più grande nell’instaurare un dialogo costruttivo è la mancanza di fiducia reciproca tra gli individui, i gruppi, le nazioni, le alleanze. Esiste un’atmosfera di sospetto che porta una delle parti a dubitare della buona volontà dell’altra. Ciò costituisce un serio ostacolo obiettivo alla pace, che consegue a reali circostanze riguardanti la vita delle nazioni. Si deve riconoscere che quest’atmosfera di timore, di sospetto, di sfiducia e di incertezza è estremamente difficile da dissipare. La sensazione di insicurezza è reale, e a volte giustificata. Ciò porta, a sua volta, a livelli sempre più elevati di tensioni, aggravata dall’inevitabile ricerca, con tutti i mezzi e da ciascuna delle parti, di una superiorità militare, - e perfino ad avere il sopravvento con atti di vero e proprio terrorismo, come è avvenuto a Rangoon - o del predominio sull’altra parte mediante il controllo economico e ideologico. Le aspirazioni di centinaia di milioni di esseri umani ad una vita migliore, le speranze della gioventù per un mondo migliore saranno inevitabilmente frustrate se non ci sarà un cambiamento del cuore e un nuovo inizio!

6. In un riesame dei fondamentali presupposti morali e psicologici che costituiscono una minaccia per la pace, lo sviluppo e la giustizia, un requisito fondamentale è l’instaurazione di un nuovo clima di fiducia. “La pace deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle nazioni, piuttosto che essere imposta ai popoli dal terrore delle armi” (Gaudium et Spes, 82). La stessa necessità di un clima di fiducia vale all’interno di una nazione o di un popolo. In modo speciale incombe sui leader delle nazioni promuovere un clima di sincera simpatia all’interno e all’esterno. E mentre essi non possono ignorare la complessità delle relazioni internazionali, debbono altresì sentirsi obbligati a svolgere il gravoso compito della ricerca della pace. Servire la causa della pace: è questa un’opera dettata da supremo amore per l’umanità: “Quest’opera esige oggi certamente che essi estendano la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della loro nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su altre nazioni, nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l’umanità” (Gaudium et Spes, 82).

Rispetto per l’umanità: questo è certamente il nocciolo di tutta la questione. Se la persona umana è venerata e rispettata in tutta la sua inviolabile dignità e in tutti i suoi inalienabili diritti, allora l’ingiustizia e l’aggressione appariranno per ciò che veramente sono: un’arroganza che nasconde in sé un certo desiderio di morte perché sovverte l’equilibrio dell’ordine naturale del fondamentale equilibrio dei diritti e dei doveri, dando vita a una situazione di caos morale di cui prima o poi tutti diventano vittime. Le parole del Vangelo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Mt 7, 12), sono l’espressione di un requisito fondamentale per la coesistenza umana, che si adatta egualmente alle relazioni tra gli individui e a quelle tra le nazioni.

7. Oggi, qui a Seoul, colgo l’opportunità per chiedervi, membri del corpo diplomatico, - e desidero estendere questo appello a tutti gli uomini che occupano posizioni di responsabilità - di lavorare per la pace lavorando per un cambiamento del cuore, impegnandovi per considerare la situazione mondiale con un’ottica nuova e con la volontà di superare antichi pregiudizi e punti di vista unilaterali.

Come diplomatici, avete particolari occasioni per sostenere e rafforzare la comprensione tra i popoli e tra i governi. Per far ciò dovete essere convinti che la pace è possibile; che la pace è migliore della guerra; che gli esseri umani meritano di essere salvati dall’attuale logica della paura e della mancanza di fiducia. In questo momento il mondo ha bisogno di voi come costruttori di pace; ha bisogno di uomini e di donne con un senso del destino, dediti al compito di salvare la nostra civiltà dalle varie minacce che mettono a repentaglio la sua stessa esistenza.

8. Nel vostro servizio diplomatico in Corea voi potete vedere come contrastanti ideologie, e le passioni da esse determinate, provochino intensa sofferenza. L’angoscia e la sofferenza di una Corea divisa sono il simbolo di un mondo diviso che è privo di fiducia e che non riesce a raggiungere la riconciliazione nell’amore fraterno. Sono il simbolo di una situazione mondiale che invoca una risposta: un atteggiamento nuovo, un cuore nuovo. La vostra missione qui, perciò. assume un significato e un peso particolare. Prego che la vostra esperienza vi convinca che soltanto una piena affermazione dei diritti umani e dei valori fondamentali, insieme con un rispetto reale per la dignità di ogni persona umana, porterà una duratura risposta alle profonde aspirazioni di tutti i popoli del mondo a vivere in pace e in armonia.

Possa Iddio onnipotente proteggervi e darvi la saggezza e la forza di operare per la causa della giustizia e dell’armonia fraterna tra tutti gli uomini e i popoli. Possa Iddio farvi strumenti della sua pace.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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