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VIAGGIO APOSTOLICO IN TOGO, COSTA D'AVORIO II, CAMERUN I,
REPUBBLICA CENTRO-AFRICANA, ZAIRE II, KENYA II, MAROCCO

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON DIRIGENTI E RAPPRESENTANTI
DELLE COMUNITÀ ISLAMICHE E INDÙ DEL KENYA

Nairobi (Kenya) - Domenica, 18  agosto 1985

 

Cari amici.

1. È una grande gioia per me fare ritorno a Nairobi. E sono grato di questa occasione di incontrare dirigenti e rappresentanti delle comunità islamiche e indù del Kenya. Forse ricorderete che ebbi già il piacere di incontrare alcuni di voi, in occasione della mia visita nel maggio 1980. Ancora una volta ci troviamo insieme nell’amicizia e nella pace. La calda ospitalità che mi avete dimostrata nella mia precedente visita e che mi state dimostrando nuovamente oggi è un segno della vostra apertura e del vostro impegno per la fraternità umana. Sono sentimenti che desidero ardentemente contraccambiare.

2. Nel corso della mia prima visita nel Kenya, affermai nel mio messaggio alla comunità indù: “Lo scopo della vita, la natura del bene, la strada della felicità, il significato della morte: tutto questo è oggetto del nostro comune servizio all’uomo nei suoi complessi bisogni” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad sodales communitatis Hinduisticae in aede Nuntiaturae Apostolicae in urbe “Nairobi” habita, 7 maggio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1212). Vorrei riaffermare queste parole oggi; esse rimangono valide anche a proposito del rapporto tra la Chiesa cattolica e i musulmani.

I bisogni dell’umanità sono di molti tipi. Vengono innanzitutto i bisogni spirituali quali la nostra costante ricerca di un significato nella vita e il nostro desiderio di vivere in modo consono alla nostra dignità umana in quanto figli di Dio. Contemporaneamente, non possiamo trascurare i bisogni materiali dell’uomo, che oggi in molti Paesi africani, segnati da siccità e carestia significano lotta primordiale per la sopravvivenza. Penso in particolare alla piaga dei rifugiati, siano essi persone fuggite da un Paese a un altro per via di situazioni di repressione o per causa di guerra, oppure siano persone costrette ad emigrare dalle loro regioni natali a causa di cattivi raccolti o disastri naturali. La situazione dei rifugiati nel mondo d’oggi deve divenire preoccupazione di tutti i credenti religiosi che attribuiscono valore alla dignità dell’uomo. E un’esigenza urgente che richiede solidarietà fraterna e collaborazione a favore di chi soffre.

Oltre a questi bisogni spirituali e materiali, vi sono i bisogni d’indole sociale: l’esigenza di un governo giusto, onesto ed efficace; l’esigenza di rispettare e difendere i diritti umani senza alcuna discriminazione di razza, gruppo etnico, religione, età, classe sociale o sesso; il diritto di vivere e allevare la propria famiglia in pace, senza timore di una minaccia al loro benessere fisico e morale. Di fronte a tutte queste esigenze umane - d’ordine spirituale, materiale e sociale - le religioni del mondo non possono rimanere inerti. I grandi bisogni dei nostri fratelli e sorelle costituiscono un urgente appello a una generosa risposta d’amore, chiamano ad una reciproca ed efficace collaborazione.

3. Gli stretti legami tra le nostre rispettive religioni - la nostra fede in Dio e i valori spirituali che teniamo per cari - ci spingono a divenire alleati fraterni nel servizio verso la famiglia umana. Come dissi cinque anni fa alla comunità islamica del Kenya: “La nostra relazione di reciproca stima e il mutuo desiderio di autentico servizio all’umanità ci spinge a un impegno congiunto per promuovere la pace, la giustizia sociale, i valori morali e tutte le vere libertà dell’uomo” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad sodales communitatis Hinduisticae in aede Nuntiaturae Apostolicae in urbe “Nairobi” habita, 7 maggio 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1210).

I mali del sospetto, della competizione e dell’incomprensione nascono con troppa facilità nel nostro mondo moderno; in troppi luoghi siamo testimoni di violenza, conflitto e guerra. Ma non è mai volontà di Dio che vi sia odio all’interno della famiglia umana, né che viviamo nella sfiducia e nell’inimicizia reciproche. Siamo tutti figli dello stesso Dio, membri della grande famiglia umana. E le nostre religioni hanno un ruolo particolare da adempiere nel vincere questi mali e nel creare legami di fiducia e di comunanza. La volontà di Dio è che coloro che hanno fede in lui, anche se non sono uniti nella stessa fede, siano ciò nondimeno uniti nella fratellanza e nel comune servizio per il bene di tutti.

4. La nostra presenza oggi insieme - indù, musulmani e cristiani riuniti in amicizia - è un segno di speranza in un mondo pluralista pieno di tensioni. Nessun gruppo religioso può permettersi di vivere e agire isolato dagli altri. Sempre nel rispetto delle convinzioni reciproche, abbiamo bisogno dell’aiuto reciproco. Nella sacra Bibbia, San Paolo ci esorta a cercare le vie della fratellanza e dell’unità: “Abbiate gli stessi sentimenti, -dice - vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (2 Cor 13, 11). La sfida che sta di fronte a noi oggi è quella di aiutare il mondo a vivere in pace e in armonia, con rispetto per la dignità umana di tutti. In questo sforzo il Dio d’amore e di pace sarà con noi.

Possa la benedizione di Dio discendere su tutti voi!



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