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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE
DELL’ASSOCIAZIONE «OMNIA HOMINIS»

Sabato, 25 agosto 1990

 

Illustri signori!

1. È con vivo piacere che vi accolgo in occasione del Convegno Internazionale organizzato a L’Aquila dall’Associazione “Omnia Hominis”. Nel rivolgervi il mio cordiale saluto, ringrazio il professor Carlo Casciani per il nobile indirizzo con cui s’è fatto interprete dei vostri pensieri e sentimenti, richiamandosi a concetti e a motivazioni che hanno la loro radice nelle più profonde aspirazioni umane e che trovano, come tali, nell’insegnamento della Chiesa puntuale e autorevole conferma.

L’attenzione ai problemi fondamentali dell’esistenza umana, particolarmente quando diviene ricerca scientifica delle soluzioni adeguate, è sempre meritevole di grande apprezzamento. La scienza in generale, e quella medica in particolare, assumono allora una nobiltà e un prestigio che ben possono aprire l’animo del ricercatore al riconoscimento e alla contemplazione del Creatore della vita.

2. I temi affrontati nelle vostre giornate di studio, illustri signori, riguardano il diritto umano fondamentale alla vita e alla sua qualità, dal concepimento al suo naturale tramonto, nel quadro del rispetto per l’ambiente, che occorre rendere sempre più idoneo al pieno esprimersi della persona umana, considerata non soltanto nella sua individualità, ma anche nelle sue crescenti relazioni interpersonali e sociali.

La vita umana è in rapporto strettissimo con l’ambiente, con l’habitat naturale, il quale tuttavia non sempre è pienamente conforme alle sue necessità anche primarie. Inoltre non ci si può nascondere che il progresso scientifico e tecnologico, mentre da una parte ha favorito a dismisura e in molteplici direzioni migliori condizioni, dall’altra ha creato cause e concause altrettanto palesi di un degrado ambientale che può farsi irreparabile.

Il problema ecologico ha ormai assunto dimensioni tali da richiedere non soltanto attenta riflessione, ma pieno coinvolgimento, sia sul piano della scienza che su quello delle decisioni politiche. Alla radice di questo drammatico problema si trova non di rado una concezione del mondo e della persona umana che si ispira a profondo egoismo. Il recupero dell’equilibrio ambientale non potrà aversi che mediante il ritorno al genuino concetto di dominio dell’uomo sull’ambiente. Come ho ricordato nella prima enciclica del mio pontificato, “il senso essenziale di questo dominio dell’uomo sul mondo visibile, a lui assegnato come compito dallo stesso Creatore, consiste nella priorità dell’etica sulla tecnica, nel primato della persona sulle cose, nella superiorità dello spirito sulla materia” (Redemptor hominis, 16).

Il problema ecologico, quindi, riguarda insieme la natura e l’uomo e non si potrà pervenire a un’idonea tutela dell’ambiente senza promuovere, al tempo stesso, un’adeguata “ecologia dello spirito”. Solo con questa prospettiva più ampia ciò che si programma per il ristabilimento dell’equilibrio ambientale a servizio della vita umana potrà raggiungere pienamente gli scopi desiderati. Sarà perciò importante che Congressi e Assise scientifiche si muovano alla luce del motivato convincimento che il progresso tecnologico o è finalizzato al progresso della civiltà, cioè di una vita a misura della persona umana e della sua dignità, o può rivolgersi, come già accade, contro l’uomo.

3. Si collocano in questo contesto i temi della dignità e dei diritti della vita del nascituro e quello della dignità della morte, parimenti affrontati dal vostro Congresso. La fermezza con cui la Chiesa, per divino mandato, difende e proclama la pienezza e l’integrità dei diritti del nascituro risponde a un’esigenza radicata nella nozione stessa di vita. “La vita umana è sacra, perché sin dal suo inizio comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente” (Congregazione per la dottrina della fede, De observantia erga vitam humanam nascentem deque procreationis dignitate tuenda, n. 5, 22 febbraio 1987: AAS 80 [1988] 76).

Pari rispetto la Chiesa rivendica per la vita di chi si approssima al suo concludersi e particolarmente per quella del malato terminale. Mai come in prossimità della morte e nella morte stessa occorre celebrare ed esaltare la vita. Questa deve essere pienamente rispettata, protetta e assistita anche in chi ne vive il naturale concludersi. Il malato, sebbene dichiarato inguaribile dalla scienza, mai può essere considerato incurabile.

L’atteggiamento davanti al malato terminale è spesso il banco di prova del senso di giustizia e di carità, della nobiltà d’animo, della responsabilità e capacità professionale degli operatori sanitari, a cominciare dai medici. L’interpretazione positiva della sofferenza costituisce un aiuto spesso decisivo per chi ne esperimenta il peso e diventa altissima lezione di vita per chi, accanto al suo letto, s’adopera per alleviarne l’impatto.

4. Giustamente nella formulazione del tema del Convegno si parla di dignità della morte. In questo misterioso evento, che accomuna la condizione umana sulla terra, infatti, si coglie appieno il significato della vita: “Prima della morte - scriveva il Siracide - non chiamare felice nessuno, poiché nella sua fine si riconosce l’uomo” (Sir 12, 28). Chi meglio del cristiano può comprendere in tutta la sua portata questa situazione universale? Nella morte redentrice di Cristo egli ha la chiave per interpretare la propria morte e capirne tutto il valore ai fini di un recupero dell’intera sua esistenza. La morte di Cristo ha conferito una sacralità nuova ad ogni morte umana, e ha recato una motivazione ulteriore al divieto di accelerarne arbitrariamente i tempi con interventi di carattere eutanasico.

Voi certamente conoscete il pensiero della Chiesa sull’eutanasia: il suo insegnamento non può non trovare conferma in una scienza che guardi alla vita umana nella sua sconfinata ricchezza e nella sua finalità trascendente (Congregazione per la dottrina della fede, Declaratio de euthanasia, 5 maggio 1980: AAS 72 [1980] 542-572).

Il mio auspicio è che le vostre Giornate di studio, che vedono l’apporto di tanti illustri scienziati e studiosi, contribuiscano - sul piano del pensiero, della ricerca e della prassi - ad accrescere la considerazione della grandezza e della dignità sia della vita che della morte. Con questo augurio, su voi tutti e sui vostri lavori imparto, mediatrice la Vergine santissima, la mia benedizione.

 

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