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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AI VESCOVI DELLA BASILICATA E DELLA CALABRIA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Giovedì, 26 maggio 1977

 

Questo familiare incontro con voi, venerabili Fratelli della Calabria e della Lucania, è per noi motivo di vivissima gioia, non solo per il conforto che ci reca il poter effondere liberamente i sentimenti più intimi del nostro animo con chi condivide con noi le medesime sollecitudini pastorali, ma anche perché la vostra presenza ci offre la possibilità di rendere omaggio alle Chiese a voi affidate, che l’antichità delle origini e la nobiltà delle tradizioni cristiane rendono singolarmente venerande.

È noto infatti che alcune di esse vantano addirittura origini apostoliche (come non ricordare a questo proposito l’accenno di Luca negli Atti: «inde [da Siracusa] solventes devenimus Rhegium»? (Cfr. Act. 28. 13); altre si ricollegano all’opera di monaci solerti, i cui cenobi, disseminati qua e là nella Regione, si trasformarono durante i secoli travagliati delle invasioni barbariche in centri di promozione civile ed economica oltre che in fari di irradiazione cristiana. Sarebbe interessante ricostruire la storia antica e medioevale di questa parte d’Italia alla luce delle vicende dei numerosissimi monasteri, che il monachesimo orientale dapprima (il pensiero va a Nilo da Rossano), quello occidentale poi (basti accennare a San Bruno ed a Gioacchino da Fiore), fecero sorgere un po’ dovunque, offrendo alle popolazioni circostanti servizio religioso, aiuto economico, a volte anche protezione fisica nei non rari casi di incursioni belliche.

Non potendoci attardare in reminiscenze storiche, pur ricche di insegnamenti preziosi per i giorni nostri, ci limiteremo a raccogliere l’esplicita testimonianza di Gregorio Magno, il quale ci informa che sul finire del secolo VI nella regione si contavano 11 diocesi, a testimonianza della già affermata vita religiosa, che le traversie politico-sociali dei secoli successivi non varranno a soffocare. Il fiorire nel corso del secolo xv di un santo della statura di un Francesco di Paola e il movimento spirituale che da lui prese inizio costituiscono una eloquente conferma della presenza nell’anima popolare di una vena ricca di linfa cristiana autentica.

Venerabili Fratelli, i tanti e spesso esaltanti ricordi di persone e di fatti, che si affacciano alla memoria, le numerose testimonianze di fede sincera e di fermo attaccamento alla Sede Apostolica, rese dalla gente della generosa terra calabro-lucana, come anche la constatazione delle gravose vessazioni antiche e recenti, a cui essa dovette non di rado soggiacere, e la consapevolezza dei disagi economico-sociali, che costringono persone di ogni età e condizione ad emigrazioni massicce, possono ben rendere ragione della particolare commozione, che occupa il nostro animo in questo incontro con voi, che di questo popolo condividete le amarezze, le lotte, le speranze.

Noi non possiamo fare di meglio che incoraggiarvi. Vi diremo perciò con San Paolo: «Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue» (Act. 20, 28). Nessuno meglio di voi conosce le reali condizioni in cui vive e lotta la gente del Meridione. In nome di Cristo e della Chiesa, noi vi esortiamo a rimanere fedeli nell’amore alle vostre terre, alla vostra popolazione. Crescete anzi nell’amore, nell’ottimismo, nello spirito di iniziativa, nel buono impiego dei mezzi culturali, economici e sociali.

È necessario che tutto vediate in funzione pastorale. Ed allora, beati voi se poveri, se affaticati, se coinvolti nelle tribolazioni della vostra gente. Tutto ciò infatti favorirà una fusione più stretta, più frequente, più familiare col vostro popolo e stimolerà una coscienza pastorale più amorosa, più vigilante, più inventiva.

Tanto per confermare in voi qualche visione generale, diremo, seguendo le vostre stesse indicazioni: nel patrimonio religioso-morale della gente calabro-lucana vi sono molti valori, che meritano di essere adeguatamente stimati, gelosamente custoditi e, quando è il caso, coraggiosamente difesi. Alludiamo in particolare alle virtù umane del popolo, quali ad esempio l’attaccamento alla famiglia, l’apprezzamento di quel «preziosissimo dono del matrimonio» (Cfr. Gaudium et Spes, 50, § 1) che sono i figli, la solidarietà sociale nelle vicende liete e in quelle tristi, la sobrietà e l’amore al lavoro: pensiamo poi ai valori religiosi, che si esprimono in tradizioni ancora vivamente sentite, nella devozione sempre fresca e spontanea alla Vergine e ai Santi, nella ferma adesione all’insegnamento dei legittimi Pastori.

Non mancano purtroppo difetti, talora anche gravi. Basti accennare a quella deformata concezione dell’onore, che vede nella vendetta la doverosa riparazione dell’offesa subita, o a quella sotterranea cospirazione nella delinquenza, che avvalendosi di un certo costume di omertà, offre il terreno propizio al propagarsi del crimine. Una particolare attenzione merita anche, specialmente in questi ultimi anni, l’inclinazione, favorita dal continuo flusso migratorio, ad adeguarsi a costumi « nuovi », che per l’a-moralità o addirittura l’immoralità, da cui sono segnati, non possono considerarsi un passo avanti sulla strada del progresso civile.

Si impone perciò un rinnovato slancio nell’impegno pastorale da parte di ogni componente della comunità ecclesiale. A noi pare di dover sottolineare, in particolare, l’urgenza che nei membri della comunità diocesana si ravvivi il senso sociale, mediante una ricuperata coscienza dell’importanza delle diverse forme organizzative: parrocchia, istituzioni cattoliche (Azione Cattolica!), strumenti di cooperazione interparrocchiale e interdiocesana, stampa cattolica. Nel quadro di questa visione coordinata dell’azione pastorale ben si inserirà la predisposizione di opportune strutture per la formazione di catechisti che, affiancandosi ai Sacerdoti, ne suppliscano la carenza numerica, assicurandone la presenza evangelizzatrice anche in quelle zone che, per la lontananza dal centro parrocchiale, rischierebbero di venir trascurate.

Impegno tutto particolare dovrà poi essere dedicato al dignitoso svolgimento del culto divino e delle esterne manifestazioni della devozione ai Santi. Il costante riferimento alle norme emanate in questa materia dalla Santa Sede e dai Seminari Regionali sarà garanzia di proprietà e di decoro, pur nel rispetto di quella sana creatività, alla quale specialmente i giovani potranno apportare il contributo della loro fresca originalità.

Non dovranno essere poi trascurate le iniziative di assistenza e di beneficenza, che una certa mentalità odierna con eccessiva leggerezza sottovaluta, col pretesto che esse rappresenterebbero forme di indebita supplenza. Voi non mancherete certo di unire il vostro impegno a quello di ogni persona responsabile nel sollecitare e promuovere gli opportuni interventi sociali ad opera delle pubbliche autorità. Ma favorirete al tempo stesso il fiorire di quelle molteplici forme di cristiana sollecitudine verso le necessità del prossimo, che, anche se umili per disponibilità di mezzi, sono spesso particolarmente provviste delle ricchezze più importanti: quelle della partecipazione personale, del tatto, della delicatezza, della discrezione, in una parola, di tutte quelle prerogative, che hanno la loro sorgente nell’amore.

Un’ultima raccomandazione vorremmo lasciarvi, prima di accomiatarci: abbiate a cuore il vostro Clero. Non risparmiate sacrifici nel favorire lo sbocciare di nuove vocazioni. La vita ecclesiastica ha lì la sua sorgente. E siate vicini poi al vostro Clero impegnato nelle diverse attività ministeriali. Abbiate per ogni vostro Sacerdote i sentimenti, che un padre nutre verso il proprio figlio adulto. Abbiate dunque considerazione per i vostri Sacerdoti, rispetto per il loro lavoro, partecipazione fattiva ai loro problemi concreti. Studiatevi di instaurare con ciascuno un rapporto di amicizia, che trovi alimento nel dialogo e si esprima nella fiducia, nell’incoraggiamento, nel giusto riconoscimento. Stimolatene il senso di responsabilità, sollecitandone il consiglio, apprezzandone il contributo, valorizzandone i personali carismi. Nella misura in cui riuscirete a creare attorno a voi un presbiterio unito e solidale, non solo assicurerete maggior efficacia alla vostra azione pastorale, ma accrescerete anche la vostra ed altrui gioia, per la comune, più intensa esperienza della vivificante presenza di Cristo (Cfr. Matth. 18. 20).

Ecco, venerabili Fratelli, i pensieri che con effusione di cuore desideravamo comunicarvi. Ci auguriamo che queste nostre parole, nelle quali vorremmo sentiste trasfuso l’affetto vivissimo che palpita nel nostro cuore per voi e per le vostre nobili Chiese, valgano a confermarvi nel proposito di donazione totale alle vostre dilette popolazioni, che lottano per il superamento delle loro condizioni di disagio. Si parla molto di «miracolo del Sud»: voi ne sarete i generatori silenziosi ed operosi. Continui ad agire per mezzo vostro San Francesco di Paola, che a difesa dei poveri e degli oppressi non temette di elevare la sua voce, denunziando apertamente le malversazioni dei potenti. Possano gli umili, i diseredati, i sofferenti trovare in voi e nella Chiesa quell’accoglienza, che spesso méndicano invano altrove.

«Gratia Domini Iesu vobiscum. Caritas mea cum omnibus vobis in Christo Iesu» (1 Cor. 16, 23 ss.). Accompagniamo questi sentimenti con una speciale Benedizione Apostolica, che estendiamo volentieri ai vostri Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai membri delle Organizzazioni cattoliche e a tutti i fedeli della Lucania e della Calabria, ai quali vi preghiamo di portare la testimonianza del nostro affetto, particolarmente vivo e profondo.

                              



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